Anna Bolena: Rave,
resistenza, libertà
Dalla Roma antagonista alla Berlino underground,
la dj e producer sarda racconta trent’anni di musica antagonista
e spazi autogestiti. «Negli anni 90 c’era più libertà, oggi in Italia
c’è il decreto sicurezza e in Germania ci sono i neonazisti di Afd»
di Giacomo Pellini
La nostra storia comincia nell’Inghilterra di fine anni 80, all’ombra delle grandi
aree industriali dismesse e del rigido Regno Unito dell’era Thatcher, laboratorio
del laissez-faire e del capitalismo estremo. Dall’America arriva un nuovo suono:
l’acid house, con le sue sonorità distorte e oniriche. Insieme alla diffusione della Mdma,
crea il terreno per una piccola rivoluzione culturale che culmina nella Seconda estate
dell’amore. Dopo la rigidità del decennio precedente, la parola d’ordine è una sola:
ballare. Nascono così i primi free party: feste libere, spesso illegali, in spazi occupati. Il
movimento cresce, i rave si moltiplicano e diventano enormi raduni. Ma la politica rea
gisce: il governo conservatore di John Major dichiara guerra a questi eventi, inasprendo
le leggi e la repressione. Il movimento allora attraversa la Manica e arriva nell’Europa
continentale. Anche l’Italia, da metà anni 90, diventa un terreno fertile: nascono collet
tivi, si muovono sound system, i centri sociali scoprono la techno. A Roma si fa notare
Anna Bolena, tra le poche donne dj e organizzatrici di rave. Sarda di origine, trasferitasi
nella Capitale a fine anni 80, ha fondato l’etichetta Idroscalo dischi per promuovere
l’elettronica industriale. Oggi vive a Berlino, dove alterna musica e insegnamento.
«Il primo party illegale che ho fatto è stato a Tor Cervara: ci siamo arrivati con il pas
saparola, eravamo una cinquantina. Abbiamo ballato fino all’alba», racconta Anna Bo
lena. «È stato il contesto politicizzato a spingermi verso questa musica. Poi ho iniziato
anche a organizzare eventi, e piano piano siamo passati da poche decine a centinaia di
persone». All’inizio degli anni 90, Roma viveva un forte fermento politico, con giovani
attivi nei movimenti antagonisti e una rete vivace di spazi autogestiti. Il movimento
della Pantera, esploso nelle università nel dicembre del 1990, ne fu uno dei momenti
simbolici. Inizialmente, la techno veniva guardata con sospetto da alcuni ambienti dei
centri sociali, che la associavano erroneamente a contesti neofascisti. Ma grazie all’im
pegno di diversi attivisti, quel muro cadde, e la musica elettronica trovò spazio anche
lì. Anna e il suo collettivo portarono la cultura dei rave in questi ambienti, creando un
ponte tra due mondi. «La techno per me è una musica d’emergenza, nata da un’urgenza
espressiva», spiega Anna. «Non è solo intrattenimento, è il mio modo per rivendicare uno spazio libero, fuori dai circuiti legali o criminali». Ballare diventava così un atto
politico. Col tempo, però, il movimento ha dovuto affrontare diverse criticità: la per
dita del significato politico delle occupazioni, l’abuso inconsapevole di sostanze, l’ego
di alcuni dj. Questi elementi hanno intaccato lo spirito originario. Eppure, lo zoccolo
duro della scena romana è sopravvissuto per tutti gli anni Novanta e Duemila. E, an
che se ridimensionato, resiste ancora oggi. «Ci sono ancora compagni e compagne che
organizzano rave occupando spazi abbandonati, anche solo per una notte. Ma oggi
rischiano molto più di noi all’epoca», racconta Anna Bolena.
Il riferimento è al decreto sicurezza, evoluzione del decreto anti-rave del 2022, che in
troduce pene severe per i rave non autorizzati e inasprisce le sanzioni contro varie forme
di protesta, come i blocchi stradali. «Negli anni 90 non c’erano leggi specifiche contro i
rave. Finiva spesso in una trattativa: si parlava con la polizia, magari si lasciava finire la festa
e poi si sgomberava. Ora non è più così, si sentono legittimati a caricare», spiega Anna.
Nella notte tra il 13 e il 14 aprile 2025, circa 500 persone si sono radunate nell’ex sta
bilimento Chemia Tau a La Cassa, nel Torinese. Lo sgombero è degenerato in scontri
violenti: 14 agenti e diversi partecipanti sono rimasti feriti, 350 persone identificate,
145 veicoli e l’attrezzatura musicale sequestrati. Per Anna Bolena, il decreto sicurezza
non è solo una legge contro i rave. «È un decreto strumentale: usano l’idea del ‘rave ille
gale’ come scusa per reprimere tutto ciò che è dissenso. Serve per sgomberare picchetti,
sit-in, proteste ambientaliste o contro i femminicidi. È un attacco all’autogestione e alla
libertà». Il discorso si sposta poi sulla Germania, dove vive da vent’anni. Alle ultime ele
zioni federali, il partito neonazista AfD ha ottenuto circa il 20% dei consensi, segno di
un clima sempre più teso e polarizzato. «Berlino, per fortuna, resta un’isola felice. Qui
la AfD ha preso meno voti e parte di quelli persi dalla sinistra nel resto del Paese sono
stati recuperati». Anche se la capitale tedesca mantiene una scena giovanile vivace, Anna
riconosce che è cambiata molto. «Il costo della vita è salito alle stelle. Ma era inevitabile:
è una metropoli internazionale. Non si poteva pensare che Kreuzberg restasse piena di
palazzi decadenti o che continuasse a scaldarsi con stufe a carbone nel 2025». Tutto questo ha avuto un impatto pesante sulla scena underground. «Hanno quasi spazzato
via tutto ciò che era davvero autogestito, radicale, politicizzato. È rimasto pochissimo.
Gli ultimi spazi occupati sono stati sgomberati durante la pandemia, con una violenza
assurda», racconta Anna Bolena. Intanto, cresce anche l’attività di gruppi fascisti e ne
onazisti, che scendono in piazza accusando l’estrema sinistra di violenza. Una tensione
che riflette la polarizzazione alimentata dall’ascesa dell’AfD, il partito guidato da Alice
Weidel. «Berlino, per ora, resta più tranquilla. Ma basta guardare alla Turingia o alla
Sassonia, dove l’AfD supera il 30%. La situazione è seria».
Oltre alla divisione politica, c’è anche una frattura sociale e territoriale: nei Länder
dell’ex Germania Est, l’AfD ottiene percentuali molto più alte rispetto all’Ovest. Una
spaccatura che affonda le radici nella storia del Paese, ma che secondo Anna viene spesso
usata per giustificare un razzismo classista. «La verità è che l’estremismo di destra c’è
anche a Ovest. Ma chi viene dall’Est è ancora visto come cittadino di serie B. L’Ovest
è stato costretto a arricchire l’Est per raggiungere una certa parità economica, e questo
ha comportato astio tra le due Germanie, che ancora completamente unite non lo sono
ancora». Viviamo in un mondo sempre più ostile ai principi di uguaglianza e libertà,
segnato da protezionismo, nazionalismo e leadership autoritarie, mentre le democrazie
si indeboliscono. Eppure, basti pensare che alla base culturale dei rave ci sono le Taz - le
Zone temporaneamente autonome teorizzate da Hakim Bey trent’anni fa - vere e pro
prie utopie temporanee dove le persone sfuggono a regole e gerarchie per vivere forme
di libertà radicale. Un’epoca che oggi sembra lontanissima.
«I movimenti devono continuare a esistere, resistere, usare ogni mezzo e piattaforma per
opporsi. Non è solo questione di rave o festa, ma di una visione che sfida potere, confini
e identità imposti. Il free party è ribellione, rifiuto di un sistema che non funziona».
dice Anna. Che poi conclude: «Se i movimenti non si rafforzano, non si organizzano e
non si uniscono ad altri settori della società, sarà difficile invertire la rotta. La lotta deve
essere collettiva, solidale, concreta. Serve costruire nuove forme di resistenza, capaci di
evolversi e affrontare i tempi che viviamo».
«Non è solo questione di fare festa, ma di una visione
che sfida potere, confini e identità imposti.
Oggi la lotta deve essere collettiva, solidale, concreta»