domenica 20 agosto 2023

DAL CRAVING AL COLD TURKEY [Assuefazione e disintossicazione e rave] (2000)

 DAL CRAVING AL COLD TURKEY

[ASSUEFAZIONE E DISINTOSSICAZIONE E RAVE]



                                                                            )))agli ultimi(((

PREMESSA


“Quello che abbiamo vissuto non può essere raccontato a parole.” Leo Anibaldi


Innanzitutto è mia intenzione spiegare il significato etimologico delle parole usate nel titolo di questo articolo; 

Craving: termine anglosassone che significa “desiderio ardente”, di solito viene usato per descrivere le voglie irresistibili delle donne in gravidanza verso particolari cibi o bevande. In seguito è stato introdotto nella descrizione della sintomatologia del tossicodipendente da eroina in special modo, quando si vuole indicare l’incontrollabile voglia di farsi.

Cold Turkey: anche questo è un modo di dire mutuato dagli americani, tradotto in italiano vuol dire “tacchino freddo”, espressione colorita e inquietante che viene utilizzata in ambito terapeutico di disintossicazione da eroina, quando il paziente, ormai pollo da spennare, viene costretto a smettere di bucarsi senza l’ausilio di succedanei, quali farmaci antidolorifici o analgesici, che quantomeno gli consentirebbero di non sentire i terribili dolori alle ossa e ai muscoli, conseguenza di un uso prolungato nel tempo dell’oppio di sintesi.

Assuefazione: abitudine all’assunzione di una qualsiasi sostanza, la quale per consentire di provare le medesime sensazioni, generalmente piacevoli, provate le prime ed entusiastiche volte, è necessario aumentare gradualmente o velocemente a seconda dei soggetti la dose minima che garantisca lo sballo. Inutile dire che ogni cosa può creare assuefazione, non solo le sostanze psicotrope.

Disintossicazione: processo di disassuefazione ad una sostanza, ad una situazione, a delle condizioni ambientali e mentali particolari, può chiaramente esprimersi ed attuarsi secondo modalità differenti e diverse, nel caso dell’eroina ad esempio, lo smaltimento fisico, l’eliminazione della sostanza intossicante dal corpo, può avverarsi anche in soli 4 o 5 giorni, quello psicologico ha bisogno di più tempo, talvolta possono passare molti anni prima che il soggetto si allontani definitivamente dalla sostanza, senza registrare possibili ricadute.

Raves: in inglese significa delirio, fermento, fomento, descrive tutte quelle situazioni di festa e di adunanza sociale dove gli individui condividono insieme, sensazioni, desideri e utopie, nel tentativo di trasmettere comunicazione trasversale e orizzontale, diversamente dalle istituzioni e dalle agenzie del sistema, quali famiglia, lavoro, chiesa, sport, e tempo libero, che da sempre si caratterizzano per i loro rapporti interpersonali di tipo gerarchico e autoritario.

Adesso dopo il micro - vocabolario, [le spiegazioni sono, chiaramente, indicazioni di massima, che potrebbero benissimo essere rivedute, corrette o aggiustate] vorrei introdurre il retro-significato del titolo.

Il riferimento si indirizza verso una pratica assai diffusa nell’ultimo periodo, l’utilizzo, qualche volta smodato, di sostanze empatogene e euforizzanti, che ha accompagnato spesso i nostri raduni finesettimanali, talvolta settimanali, nel senso che duravano una settimana intera.

Nessun moralismo strisciante, non mi appartiene, piuttosto una constatazione dovuta.

Sono dell’opinione che quello che abbiamo costruito, sudato, sentito, non ha parole, o comunque trova difficoltà ad esprimersi nelle dichiarazioni formali o gergali che una qualsiasi lingua possa tentare di spiegare, descrivere, o affermare. Come dire che solo nel nostro più intimo recesso dell’anima riusciamo a ricordare e riuscire a riprovare quelle vibrazioni.

Ma adesso, che quella splendida stagione si è esaurita, salvo qualche fuoco di paglia e qualche scaramuccia saltuaria, possiamo, sia rivisitare con adeguato distacco ed intelligente analisi gli eventi recenti, sia confermare e contare quanto delle nostre aspettative di cambiamento si sia effettivamente realizzato.

O perché non sono in vena di nostalgia, o perché non sono certa di conoscere a fondo i desideri dei compagni di strada di questi ultimi anni, a parte gli “scazzi”, le incomprensioni, e le differenze di opinione, che non interessano più a nessuno, preferisco, sia perché è sempre stato uno dei mie interessi principali, sia perché esplicito volere del curatore e ideatore di questo libro, testimoniare dell’iniziale entusiasmo all’uso cautelativo, sociale, ricreativo, espansivo e quant’altro delle droghe, per arrivare a testimoniare lo scivolamento incauto nell’uso meno controllato delle stesse, con il conseguente accertamento dell’impurità delle sostanze, e per finire provare, brevemente, a illustrare gli scenari della pratica di riduzione dei danni, prospettata e attuata dagli operatori “professionali” del presidio sanitario, altro tentacolo del controllo sociale. Infine tre appendici. Le prime due sono di Nicholas Saunders, una è costituita da un articolo sulla presunta e non dimostrata presenza di eroina nelle pasticche di MDMA, l’altra è una intervista a fabbricatori di Ecstasy. In conclusione l’intervista che un pusher mi ha rilasciato.


Volendo fare una parodia forse per qualcuno fastidiosa, quello che vorrei suggerire ma non trattare in questo scritto, è l’intossicazione da raves, che mi pare più preoccupante, vista l’apatia e la poca freschezza degli ultimi eventi, ma questo è un altro discorso, che forse ci porterebbe lontano.

Restiamo e continuiamo a parlare dei rischi non calcolati, se di rischi si tratta, che invece sono a mio avviso riscontrabili a conseguenza evidente dell’uso prolungato di COCAINA, MDMA, SPEED, CHETAMINA,…

E l’eroina che c'entra??

Ritengo non troppo forzato il paragone, visti gli studi assai diffusi sui comportamenti di abuso, sulle diagnosi, sulle cure, sui rimedi contro l’assuefazione e l’intossicazione da eroina, infatti si può imparare molto dai libelli, articoli, libri e pubblicazioni in materia, senza dimenticare che l’eroina è la vera droga 1, la panacea risolutiva, il paradiso artificiale che tutto tace e tutto acconsente nell’immobilità mentale e corporale, toglie e cancella da subito tutto il malessere del mondo. Le altre droghe vengono dopo e quindi, sono differenti, forse meno pericolose, forse meno dannose. Tutto da dimostrare. Forse le riflessioni sono altre, visto che per un po’ “il paradiso” lo abbiamo davvero toccato con mano. Ma tutte le sostanze, tutte le merci, perdono nel vortice consumistico il loro fascino incantatorio iniziale, per poi svelarci quello che non pensavamo ci fosse dietro l’angolo, noi stessi con i nostri fantasmi e le nostre ombre, intenti ancora una volta a riprovare da capo un’altra avventura, con qualche inculata in più da archiviare. 

E poi l’eroina qualcuno la usata, la usa, la userà.

Una citazione voluttuosa e devota a una sostanza che piace.



PARTE PRIMA

Usi e consumi

“Per quanto mi è dato sapere, fra le droghe ludiche solo l’eroina e l’LSD permettono di accedere al sublime. E, tuttavia secondo modalità del tutto dicotomiche. L’LSD rende brillanti, almeno temporaneamente, ma c’è la fregatura: vale a dire,rende anche stravaganti e incapaci di esprimersi, idiots savants imprigionati, senza capirne il perché, nei torti e nelle ragioni becere della maggioranza dei sani di mente. Gli oppiacei, d’altro canto, tendono a istigare il corteggiamento della morte, che ovviamente è uno stato del corpo su cui si può solo fantasticare; per cui il corteggiamento in sé, visto che profondo e non conoscibile sono sinonimi, giusto? Ma l’uso assiduo di oppiacei può condurre alla morte. E se da un lato la morte permette al tossicomane di trascendere i dogmi semplicistici della società, dall’altro lascia anche la sua vita passata e le sue convinzioni totalmente vulnerabili ai revisionismi da strapazzo di chi gode di lunga vita.” 

Dennis Cooper - IDOLI - 1997


Ci sono configurazioni chimiche e proprietà sintetiche insite in ogni sostanza esogena, che introdotta secondo modalità differenti [per via orale, per via intramuscolare, per via endovenosa, per via nasale, per via anale] va a toccare spazi e aree ben precise nel nostro cervello, il quale è sempre pronto a riconoscerle senza sbagliare, mai.

Questo vale per farmaci, psicofarmaci, piante curative, principi attivi di funghi, cactus ed altro, droghe di sintesi o designed drugs, processi di cristallizzazione o lavorazione di foglie, arbusti etc, che corrispondono e vanno a incrementare l’elenco lunghissimo delle sostanze più o meno tollerate, più o meno perseguite, che con solerzia quasi certosina ogni anno l’Organismo Mondiale della Sanità redige, affinché ognuno addetto o non addetto ai lavori deve considerare nel momento in cui le prescrive, consiglia, suggerisce, propone, affida, guida, aiuta, conforta, allevia, tiene, detiene, mantiene, assume, usa, abusa, consuma, elargisce, istiga, offre, dona, regala con l’obiettivo di fare e farsi del bene.

E fin qui tutto a posto, il problema, visto che di problema si tratta e che le sostanze appunto non sono tutte uguali, o meglio non sono considerate uguali secondo i loro benefici curativi, o secondo la loro capacità di alleviare il dolore e prevenire il malessere, oppure secondo criteri dettati dai principi della chimica,2 della medicina, della scienza, e della matematica, e neanche secondo modalità etiche, o principi morali, valori o codici umanistici, o secondo una qualche deontologia professionale votata alla coerenza, o ancora secondo dottrine religiose e trascendenti, poiché ci sarebbero troppe verità in contrasto fra loro: infatti se un musulmano non beve vino è un problema squisitamente personale o al limite del paese in cui certe tradizioni vengono rispettate, non può essere l’OMS a stabilire criteri legati alla vocazione o al grado di osservanza ai culti divinatori. Dunque il presupposto principale di divisione delle tabelle di quelle sostanze chiamate droghe, è la separazione in due grandi categorie,quella delle sostanze illegali e quella delle sostanze considerate legali; 

cioè è un principio legislativo, burocratico, statale a stabilire se una sostanza ti fa male oppure no, ed è questo stesso principio che stabilisce che se ingurgiti 8 litri di vino non vai in galera, se ti fai uno spinello con due grammi di THC puoi essere perseguito anche penalmente se il giudice lo riterrà opportuno, oppure avviato a tua discrezione verso qualche programma rieducativo e terapeutico di disintossicazione.

La Francia, contrariamente a questa tradizionale divisione ha elaborato un piano triennale di lotta alle droghe, che si basa sulla divisione delle sostanze secondo il grado di pericolosità, infatti nel primo gruppo troviamo l’eroina, gli oppiacei, l’alcool e la cocaina; nel secondo gli psicostimolanti, gli allucinogeni, il tabacco, e le benzodiazepine; nel terzo la cannabis e i suoi derivati. Secondo questa divisione, che rappresenta nei suoi limiti, comunque un passo avanti rispetto al passato, è chiara l’intenzione di volere in qualche modo tenere sotto controllo il consumatore, quanto meno collocandolo in un preciso contesto sociale, nell’analisi comparata delle differenze individuali, ma è qui sta il limite: descrivendo, catalogando, etichettando e prevenendo i suoi possibili comportamenti a rischio.

Inoltre, in questo piano di attacco alla diffusione degli stupefacenti, si parte dal presupposto che tutte le droghe sono tossiche,3 si stigmatizza un po’ troppo l’uso ricreativo o anche sperimentale delle sostanze; cioè, si considerano le sostanze per gli effetti che producono, ma ancora una volta, non si tiene conto delle diversità nell’approccio alle droghe, dipingendo il consumo con visioni allarmistiche e colpevolizzanti, sempre in un ottica di repressione sociale [se si tratta di schieramenti politici e istituzionali destroidi o bigotti] di calcolo dei danni sociali previsti [se invece si tratti di cattocomunismi progressisti con ampie vedute di fittizia liberazione]. Come se all’esistenza e alla diffusione delle droghe si potesse attribuire quasi una sorta di spiegazione di tutti i mali del mondo, come se le problematiche giovanili siano sempre legate all’uso improprio, ludico, superficiale delle droghe, le quali spiegano il fatto che ci sia la disoccupazione, l’insoddisfazione, l’incapacità alla realizzazione professionale, la tendenza all’indolenza, e all’ozio, la mancanza di concentrazione nello studio etc. 

E poi se è stato stimato che solo il 10% 4 dei consumatori potrebbe abbracciare comportamenti d’abuso verso una qualche sostanza, mi pare ovvio che per gli esperti e per gli specialisti a caccia di qualche Nobel per la pace,non ci sono ancora i numeri per definire il problema ad alto rischio. Certo i vari scienziati che contribuiscono con i loro rispettivi governi ad alimentare la caccia alle streghe, sotto la parvenza buonista e ipocrita di volere risolvere tale piaga sociale, si danno un bel da fare a tentare di prevedere, analizzare, valutare possibili interventi di recupero e reinserimento di quei soggetti che malati hanno bisogno di cure adeguate, specialistiche, miracolose.

Si dimentica troppo spesso che il comportamento d’acquisto di una sostanza non risponde agli stessi criteri di valutazione di un soggetto che andando al supermercato, se ha i soldi compra Mulino Bianco, e senno si orienta sui biscotti Montebovi, più economici e di massa. Trattandosi di sostanze illegali, mi pare ovvio che il prezzo deciso sul mercato risponde a esigenze legate ad altri fattori, non comunque relazionabili al soggetto che vuole provare, o perché è dipendente o perché ne ha voglia, ho perché gli serve per rilassarsi, o perché gli procura piacere, o perché vuole meditare e quant’altro.5

In un ottica di gestione autonoma delle nostre menti e delle nostre voglie, dei nostri desideri, delle nostre spontanee tensioni verso qualcosa di diverso, non veicolato dall’alto, ma influenzato solo dal nostro immaginario, abbiamo cominciato verso il 1995 contestualmente all’ingigantirsi del fenomeno rave in Italia e in Europa, a produrre controinformazione e informazione dettagliata sulle sostanze psicotrope che circolavano allora, principalmente MDMA e anfetamina in polvere. L’obiettivo principale era quello di far circolare le poche notizie, che si trovavano diffuse in rete,e tradotte dall’ inglese, sugli effetti e sintomi causati dall’assunzione di Ecstasy e Speed, le droghe che più circolavano in quel momento nei nostri contesti.

Con questo tipo di informazione in modo illusorio e anche ingenuo abbiamo creduto che distribuendo volantini con sopra scritto “Do it, not abuse”6, oppure “spegni la televisione pensa con il tuo cervello”, si potesse in qualche modo arginare il possibile rischio di una contaminazione contagiosa verso l'arioso adagio allo sballo. Infatti il problema è sempre stato lo sballo fine a se stesso, anche noi siamo incappati in un moralismo viscidamente insulso e incoerente, come se il piacere di provare uno stato alterato di coscienza fosse stabilito una volta per tutte e per tutti, come se le droghe fossero solo riscontrabili e descrivibili da quante vampate di calore hai ricevuto o da quante smascellate hai riscontrato, indi per cui la “chicca è bona”.7

Lo stato alterato di coscienza, quante volte pronunciato e biascicato, ma quando veramente sentito, provato, sperimentato, come se poi fosse tutto rose e fiori e non una condizione psicofisica completa, totalizzante, solitaria spesso di perdita dei sensi tra la vita e la morte, e qui mi dispiace per chi si è indottrinato sui manuali dove viene esaltato lo spirito collettivo della trance dello scambio sociale e della comunicazione trasversale. Dimentichiamo troppo spesso che se davvero i raves fossero rituali, avremo tutto sotto controllo, poiché ci sarebbe un trainer uno stregone un iniziato una condizione di trance indotta che coinvolgerebbe per forza gli astanti e i partecipanti che comunque sono preparati a quello che li aspetta, e dove spesso capita che non tutti sono ammessi a partecipare al rito magico dell’assunzione di un qualche miscuglio potente e concentrato, derivato di una pianta, o di un albero, o di un fungo: un qualche principio attivo super concentrato. 

Insomma i riti tribali e religiosi di popoli primitivi o ancora non occidentalizzati si esprimono, comunque, secondo una gerarchia e una ruolizzazione ben definita, dove il singolo ha poca libertà di poter trasformare radicalmente il susseguirsi degli avvenimenti, dalle nostre parti nonostante la divisione sempre più netta tra organizzatori e frequentatori, dovuta ad altri motivi che alla ricerca della rivelazione divina in qualche spirito reincarnatosi per l’occasione, di autentica trance collettiva così come la intendono taluni antropologi, non si è mai visto neppure l’ombra.

Piuttosto l’incarnazione della pezza, quella più volte si è incontrata nei volti dei numerosi ravers che hanno calcato le polverose strutture periferiche che circondano le nostre città.

Siamo stati abituati alle lezioni radicali di Hoffman, di Shulgin e di Leary, dai loro laboratori di ricerca si è cercato di contaminare la loro sperimentazione con elementi di trasgressione, di rottura con la cultura dominante, di contrapposizione concreta, di organizzazione dal basso del divertirsi e dello stare insieme, senza verità da confermare, senza ricerca dell’assoluto e del totalizzante.

Nel 1997 cominciammo, contrariamente a prima a diffondere sulla nostra rivista PETI NUDI, alcuni spot provocatori che istigavano all’uso delle sostanze con modalità impregnate di cinismo e sarcasmo, non sempre apprezzate, ma a mio avviso veritiere e anche sfacciatamente apologete.8 Alla droga ci credevamo, e per certi versi ci crediamo ancora, per la sua capacità di renderci quello che siamo, per la volontà di credere in quello che siamo, per l’opportunità di espandere le nostre menti e i nostri sentimenti.

Abbiamo rappresentato una micro collettività assolutamente non in sintonia con quello che stava fuori dal capannone o dalla fabbrica abbandonata, l’obiettivo è sempre stato quello di spegnere e allontanarsi il più possibile da una realtà metropolitana inadeguata alle nostre esigenze. Niente gesti naturali o liberazioni concrete del nostro malessere, tutto ciò che fuori non si poteva compiere o attuare dentro l’isola di metallo e cemento si è portato avanti con convinzione e fedeltà, sicuri che il sabato prossimo sarebbe stato lo stesso. Il rito del popolo della notte non era quello di perseguire una ricerca interiore illuminante sostanzialmente consona alle tradizioni, così come avviene tra gli aborigeni di un qualsiasi villaggio africano, piuttosto quello di rivivere o provare a fare tutto quello che la società ci impedisce di attuare, la libertà di espressione. Nella quasi certezza e convinzione della sperimentazione pragmatica, abbiamo consumato, ma con approcci tendenzialmente moralistici nel senso che inizialmente si cercava appunto di non strafare, accompagnando le nostre scoperte lisergiche a grandi entusiasmi, a fervide tensioni e coraggiose velleità di trasformazione del momento, dell’attimo vissuto, del qui ed ora. Principalmente ignari della reale consistenza delle numerose pasticche e sostanze che circolavano: i commenti e i preamboli all’acquisto mutavano rapidamente di fronte al colore, alla grandezza, al disegno in calce, al prezzo   tutto ciò produceva comportamenti d’acquisto curiosi e ingenui: bastava che l’incauto pusher pronunciasse dichiarazioni come: è morfinosa, è poco anfetaminica, oppure è un tantino mescalinica, che in noi scattava la consapevolezza presunta di essere capaci di prevedere quali effetti mirabolanti e fantastici avremo provato. Il beneficio del dubbio, quello per fortuna è arrivato, tardi ma è arrivato.

Ciò è passato attraverso l’uso il consumo l’abuso delle sostanze, inizialmente discrete di buona qualità, in seguito sempre più legate alle modalità e alle leggi del mercato, secondo logiche che appartengono al mondo, quello che sta fuori e che alla fine è entrato dentro.



PARTE SECONDA

Cavie topi e polveri

"Penetrazioni astratte: una scopata da cavalli.

Mentre accarezzavo il suo culo dalla carne soda e asciutta, sentivo il suo membro snello assottigliarsi velocemente dentro le mie pareti morbidamente lisce. Il contorno del corpo perdeva peso e spessore mentre gli angoli delle gambe, delle ginocchia e delle braccia assomigliavano a pezzi di immagini dipinte da Picasso, impossibile comprendere dove cominciava la mia figa rispetto al resto, dove arrivava a toccare il suo corpo allungato come robusti fili di ragnatele ai bordi nitidi dei quadrati rossi, blu e gialli di Mondrian. Il piacere ansimato ci immergeva dentro l’ambientazione naive di un disegno animato, con tanto di fumetti onomatopeici a suggellare un amplesso spigoloso e gonfio, confuso e coinvolgente, niente odori e sapori forti, poi improvvisi umori liquidi facevano scivolare le membra attraverso le altre. I bordi dell’immagine venivano rinchiusi dallo schermo gigante della TV, il film recitava le sue ultime battute in un lasso di tempo percepito lungo, in realtà di soli 10 minuti circa d’alterazione. E lui esclamò: “Non ci sto capendo niente!”."

Anna Bolena - Ketamina mon amour - 1999

Bisogna constatare che la qualità delle nostre sostanze, acquistate e ricercate sul mercato nero, vedi pasticche fumo e cocaina, oppure sul mercato parallelo sommerso grigio dei farmaci che nel mercato bianco vengono venduti sotto ricetta medica, vedi chetamina, anfetamine a psicofarmaci, sta rischiando di essere camuffato e tagliato da sostanze che con quella che si vuole acquistare non hanno niente in comune, anzi talvolta si può presentare il rischio che le sostanze aggiunte sia superiore in concentrazione al principio attivo delle stesse.

D’altronde se le droghe fossero caramelle, sulla loro carta colorata avrebbero in calce le precise indicazioni degli ingredienti naturali e chimici di composizione.

Ma le droghe appunto si muovono in ambienti totalmente illegali, super controllati dal sistema repressivo, volutamente nascosto per ovvi motivi, e quindi sottoposto a dure leggi di sopravvivenza che vanno inesorabilmente ad intaccare la bontà delle sostanze di cui si sta trattando.

Questo non vuole essere un suggerimento alla legalizzazione, ne tanto meno una condanna al traffico malavitoso di stupefacenti. Infatti nell’approfondimento degli aspetti legati alla qualità o alla purezza delle sostanze, prospettando possibili scenari risolutivi sulle problematiche inerenti al mercato delle droghe, e considerando se sia meglio auspicare il controllo totale da parte dello stato e dei suoi presidi sanitari della vendita e somministrazione dei farmaci e suoi simili, oppure la distruzione devastata e su larga scala delle piantagioni di cannabis papavero da oppio, piante di coca etc., è evidente che entrambi gli approcci siano inevitabilmente destinati a fallire.9

Anche perché le due posizioni, quella forcaiola di chi vuole cancellare dalla faccia della terra qualsiasi traccia di droga, o sostanza psicotropa e quella di chi concentrando in mano allo stato e alle sue istituzioni paternalistiche e tolleranti la risoluzione preventiva del fenomeno droga, non sono assolutamente convincenti, né tanto meno seducenti. 

E come dire scelgo di essere cavia in qualche laboratorio della A.S.L., oppure mi pento e inizio a pensare che senza droga si starebbe meglio e ci sarebbero meno problemi sociali, di disagio, di criminalità, di microcriminalità, mentre si allestiscono splendide campagne allarmistiche contro la droga, che ti spegne, ti consuma, ti fulmina, ti uccide, o magari addestro una ronda di quartiere che va a caccia di marocchini venditori di morte, così come avviene nelle opulenti città del Nord, vedi Milano e Torino. Nascono i cittadini celerini “fai da te”, sempre più razzisti benché di origine meridionale, che si esprimono a favore della pena di morte e di leggi più severe contro la delinquenza, lamentando una totale assenza dello stato e deplorando maggiori divise e tutori preposti all’ordine e alla repressione, come se non ce ne fossero a sufficienza.

Il problema è che il problema forse non è stato mai posto in modo corretto, infatti nei contesti abitualmente frequentati, nei nostri porti franchi dove nessuno ci è mai venuto a rompere le palle, [salvo qualche raro caso] comunque raramente si è voluto argomentare e discutere in maniera precisa e profonda delle contraddizioni inerenti il mercato degli stupefacenti, che è lo stesso mercato mafioso che in altri ambiti proviamo quantomeno a combattere. Nell’impossibilità di poter conoscere a fondo i componenti chimici delle pasticche calate e delle polverine inalate, bisogna sostenere un atteggiamento fiducioso, informandoci della provenienza, del colore, della dimensione, della purezza, dell’esperienza, del fiuto, dell’amico principalmente dell’opinione degli altri, di quelli che ti stanno vicino.

Siamo noi i principali topi auto sperimentali. Non dimentichiamo che ultimamente gira proprio della mondezza altamente intossicante, o probabile che siano altre sostanze a noi conosciute, che simili a quelle più note scavalcano la frontiera più facilmente. Non scordiamoci che poi il controllo sbirresco fa il resto, e considerando che la quantità di droga sequestrata e fatta analizzare presenta tracce di elementi ai più sconosciuti. Impossibile che vengano tagliate con sostanze che sul mercato costano di più, impossibile che venga mischiata eroina, la quale resta tra le droghe più costose, possibile invece la stricchinina e altri veleni, più economici e che in piccole quantità sballano. Impossibile che i produttori di pasticche mettano in commercio sostanze velenose, in genere chi fabbrica ecstasy, è anch’egli consumatore, ed improbabile che pusher incauti possano aggiungere a prodotto finito una qualche sostanza da taglio, cosa più probabile accada con le polveri come anfetamina e chetamina. Per le pasticche è più probabile, ma è tutto da dimostrare, che siano le impurità derivate dai processi di sintesi, attuati presso laboratori volanti che chiaramente vengono spostati di continuo, abbassando i livelli di pulizia e di sicurezza. 

Chi ha buona memoria, ricorderà che gli effetti dell’ectasy qualche hanno fa erano chiaramente riconoscibile e autentici, ultimamente,[a scanso di equivoci tolgo ogni possibile complicazione legata all’assuefazione 10], i sintomi sono diversi e assai confusi nell’essere descritti, ad ogni modo non potendo assaggiare e testare tutto quello che gira, molto spesso ho declinato l’invito al viaggio, proprio nella difficoltà di capire che fosse, e anche nella sfiducia del mercato clandestino ormai troppo inquinato da presenze a dir poco rassicuranti.

Va bene che le droghe ci piacciono, va bene che per tanti anni abbiamo fatto le cavie, ma guardiamoci attorno, qualcuno con la scusa della nostra ricerca dell’empatia e della nostra voglia di crescita interiore si è arricchito alle nostre spalle.

Considerando i risultati concreti che sono stati registrati a seguito delle spettacolari e mirabolanti azioni propagandistiche che i servi delle varie agenzie preposte al controllo del mercato clandestino delle sostanze stupefacenti garantiscono. Di certo è necessario stabilire che l’enorme quantitativo di roba sequestrata non solo costringe ad una produzione raddoppiate della stessa, ma è chiaro che il primo aspetto che colpisce è la qualità dubbia di quello che viene prodotto e confezionato. Aumentando le operazioni di polizia, aumenta il costo sociale relativo, mettendo a repentaglio la bontà delle stesse, che per varcare confini, dogane e mari spinge i fabbricanti a cambiare la composizione delle sostanze, oltre che ad incrementare l’utilizzo di sostanze di taglio anche letali. 

Il business 11 se ne fotte della salute dei suoi acquirenti, al punto che i casi di overdose sono imputabili più al fatto che la roba sia troppo pura, in concentrazione di principio attivo, abituati come siamo ad assumere sostanze che di media oscillano tra il 30/40% di componenti reali. Il resto è composto dei vari tagli dei passaggi di mano dei vari pusher. Interventi dannosi, non controllabili.



PARTE TERZA

I danni della riduzione del danno
Riflessioni

“Billy voleva essere cattivo. Egli appunto non lo aveva mai fatto. Sicuramente, egli sarebbe stato ore a mettersi in mostra nel gruppo sbagliato. Egli avrebbe sbuffato così come sbuffavano loro, si sarebbe iniettato ciò che loro si sarebbero iniettati, fumato ciò che loro fumavano. Ma mentre i suoi amici avevano trovato la beatitudine e l’oblio, Billy rimase a guardare da lontano, senza essere toccato dalle droghe.
I parenti di Billy non potevano essere stati più felici dei risultati. Anni fa, avevano preso la decisione di vaccinare i loro figli contro le sostanze chimiche. Grazie a poche iniezioni, il sangue di Billy veniva riempito di anticorpi che ostacolavano queste sostanze e gli impedivano di raggiungere il suo cervello, come una linea rossa di difesa contro i vizi della vita.
Billy poteva essere fittizio, ma la prospettiva del vaccino anti-droga non è soltanto un incubo della ribellione giovanile. Ma i laboratori accademici e alla fine cinque compagnie stanno portando avanti con successo test animali sugli anticorpi contro cocaina, PCP, metamfetamina e anche nicotina. Il vaccino contro la cocaina è già stato testato per la salvezza di coloro che abusano di droga. Alla fine dell’anno, si potrebbero vedere i risultati delle prime prove.
I trattamenti dei comportamenti d’abuso possono essere solo all’inizio.”
Philip Cohen from New Scientist magazine, 10 giugno 2000

Indispensabile, a questo punto analizzare gli aspetti inerenti a quegli approcci democratici e riformisti portati avanti da alcuni responsabili di centri di accoglienza e di recupero delle tossicodipendenze, dove in evidente contrasto con tutti gli interventi di tipo drug free 12, tutelano il drogato riconoscendogli diritti, bisogni e dignità, secondo una visione votata al to care e al to cure 13.
Il principio ispiratore di tale filosofia è chiamato riduzione del danno 14, che da principio pionieristico, in seguito normativa vigente 15, stabilisce che se esiste il problema della tossicodipendenza, bisogna almeno evitare il contagio di infezioni, quali epatiti e siero positività, distribuendo e rendendo facilmente reperibili siringhe sterili e profilattici. 
Quali gli strumenti per ridurre la mortalità a causa di overdose, di malattie o di incidenti indiretti a seguito di uso non controllato di stimolanti, di infezioni, di carcerazione dei reati piccoli connessi allo smercio di sostanze illegali, di riduzione della emarginazione e di isolamento? Innanzitutto l’incremento della disponibilità e della risposta da parte dei presidi sanitari diffondendo una cultura consapevole del proprio stato di salute, l’utilizzo di farmaci,16 con l’aumento degli interventi assistenziali,17 la legalizzazione delle droghe leggere.
Fin qui tutto bene, pare, da una parte il manganello conservatore dei politici e degli opinion leader incompetenti che ritengono opportuno reprimere sul nascere qualsiasi vocazione al “farsi male”, dall’altra il volto esperto di operatori, medici, psichiatri, psicologi, che dopo anni di inutili tentativi e fallimenti di fronte a una comunità di giovani sempre più drogata, hanno pensato bene di consentirgli altre possibilità, altri programmi riabilitativi, aiutandoli nel difficile percorso della disintossicazione con farmaci sostitutivi, vedi il portentoso metadone18 per gli eroinomani, e psicoterapie dove vengono esplorate le risorse personali e valutate le potenzialità umane. Obiettivo rendere il tossicodipendente ex-vizioso, ex disadattato, ex emarginato, ex reietto della società, ex galeotto, magari conferendogli ruoli di responsabilità all’interno di strutture di recupero e di normalizzazione, come la gestione delle Unità di Strada che da qualche anno operano nelle zone metropolitane con più elevata presenza di tossici, [vedi le stazioni ferroviarie di tutte le città], dove vengono effettuati scambi di siringhe, regalati preservativi e dove grazie a un collegamento con la croce rossa e i tutori delle forze dell’ordine evitano in exstremis la morte di qualche sfortunato che ha un po’ esagerato rischiando l’overdose.19
Il recupero è in tal modo completo. Il tossico redento, grazie a chi come lui o prima di lui è passato per l’inferno del tunnel della droga, ha la possibilità di “rifarsi” una vita grazie al servizio pubblico privato, statale, parastatale, convenzionato o quant’altro, ricevendo il dono, mai sperato quando si stava in preda ai terribili momenti della schiavitù della droga, di andare a salvare quei poveri disgraziati che a differenza di lui, ancora non riescono a smettere.
O probabilmente non vogliono smettere. Come non essere grati e riconoscenti a chi ti ha levato dalla merda dell’eroina dipendenza, trasformandomi in eroe del servizio sociale e assistenziale dello stato pubblico o privato, fa lo stesso, consentendoti di aiutare anche i soggetti più difficili da raggiungere.
Con questo spirito e con tali obiettivi, il fondamento della riduzione del danno e del contenimento dei rischi, è arrivato fino a noi: infatti, in piedi ormai da circa un ’anno, le famose Unità di Strada, che presenti fuori dalle discoteche e dai luoghi prezzolati del divertimento istituzionalizzato e regolamentato 20, [dove grazie a zelanti operatori sociali vengono distribuiti opuscoli e brochure informativi sulle sostanze dannose alla salute], si sono affacciate anche dalle nostre parti durante le feste e i raves periferici, che da anni ormai si svolgono senza incidenti o vistosi problemi di ordine pubblico. Come se noi non avessimo mai provato a praticare la controinformazione di queste problematiche, come se noi completamente inebetiti dall’abuso fossimo incapaci di trovare o provare a cambiare le nostre coscienze i nostri comportamenti i nostri desideri. Noi diseredati, emarginati, incompresi, incapaci di arginare fenomeni di distruzione interiore e fisica, avessimo bisogno della mano santa dello stato quello buono e rassicurante del camice bianco.21 Fortunatamente, non credo che la solerte visibilità di questi individui sortisca un particolare effetto, riuscendo a far smettere i ragazzi dall’usare sostanze altamente intossicanti e dannose per la salute.
Visto che già al nostro interno circolano da tempo volantini e brochure, temo che l’intervento tempestivo dei paladini del sano vivere, trovi ostacoli e sospetto. Anche perché senza niente togliere alla loro professionalità, quali sono le garanzie che propongono, quali le possibilità di miglioramenti individuali e sociali, quali opportunità di risoluzioni salvifiche dall’antico tarlo della disobbedienza civile unica arma, contro l’oppressione dell’omologazione globalizzata dei desideri?
A niente valgono i tentati tentativi referendari elettorali di rendere più pratica e pragmatica la legislazione sulle sostanze stupefacenti nel nostro paese, il cattolicesimo conservatore e perbenista, impregnato nella nostra cultura, impedisce di fatto la comprensione al suo interno di istanze tolleranti verso le droghe, cosi dette leggere, quali il THC in tutte le sue versioni, anticamera di usi e consumi ben più preoccupanti rappresentati dalle sostanze pesanti, appunto.
La fandonia della legalizzazione “leggera”, viene offerta in pasto agli incauti scettici, numerosi nell’opinione pubblica e tra i politicanti restii a qualsiasi trasformazione radicale, come panacea risolutiva dei mali della diffusione della droga, del narco mercato malavitoso degli stupefacenti letali, quali cocaina e eroina, ma soprattutto capace di propugnare definitivamente la liberazione dalla droga.
Di quale droga parlano, visto che sono tante e visto che i costi sociali passano per le tasche del contribuente, considerare le droghe in categorie di riferimento seconda dannosità e non dannosità, legalità e illegalità, non trova risposte concrete in chi stimola, promuove e persevera nella vendita, nella istigazione, nello spaccio e nella diffusione delle sostanze stimolanti, considerandole merci preziose, beni di lusso, più care dell’oro, più prezzolate delle pietre regali, e poi dove si potrebbero comprare? Magari al tabacchi sotto casa o presso la vicina Azienda Sanitaria Locale o Centrale, oppure verrà eletto un supervisore che effettuerà i controlli di qualità del fumo, dell’olio o dell’erba. L’unica cosa certa è che forse, dico forse, 22 diminuirebbe lo spaccio in mano ai piccoli pusher di cioccolato nei quartieri, ma certo non quello di sostanze “pesanti” appannaggio dei grossisti della malavita organizzata. 
A che pro la legalizzazione solo di alcune sostanze; Misteri della fede laica. Chi baccaglia tanto, ma sempre per proposte che di fatto non mutano gran che la situazione presente attua e promuove scelte e prospettive pseudo radicali progressiste, che hanno l’aria di rappresentare ulteriori possibilità di incanalare voti alle prossime elezioni.
Il rischio di una dittatura destroide padronale, va ostacolate in tutti i modi, perché è risaputo che le lobby rosse, con i loro programmi di cooperazione sociale e le loro promesse di riscatto dall’emarginazione, ben rappresentano le esigenze e i bisogni dei cittadini.

Tanto vale nella società dei consumi, stabilire che le droghe siano merce di consumo, come le altre e per favore, nessuna tassa, ce ne sono già abbastanza!!

Piuttosto, sarebbe auspicabile al posto di un’illusoria e improbabile liberazione dalla droga, la liberazione da tutti quei personaggi che vogliono veicolare le tue scelte, i tuoi gusti, le tue aspirazioni, che sempre con la verità in tasca hanno la presunzione di conoscere profondamente le ricette risolutive dei mali del mondo.
Tali personaggi senza malati, diseredati, outsider starebbero a spasso.



APPENDICE I

E’ l’ecstasy mischiata all’eroina?

L’effetto dell’eroina assunta per via orale da parte di un soggetto, che si avvicina ad essa per la prima volta o che comunque non è abituato ad usarla, consiste in una serie di sintomi quali: sonnolenza, benessere, nausea, prurito, pupille spillate e costipazione. Ad ogni modo, gli effetti potrebbero essere deboli rispetto alla quantità normale di E in una pasticca, e se la pasticca fosse composta per metà di MDMA e per metà di eroina, gli effetti dell’eroina verrebbero mascherati probabilmente dagli effetti molto più forti dell’ecstasy. Ho ricevuto numerose mail da parte di persone compresi venditori che sostenevano di aver trovato eroina nelle ecstasy. Ma nessuno di loro aveva spedito dei campioni per farli analizzare (uno sostenne che occorrevano 100 dollari) a la maggior parte riscontrò differenti effetti. Dunque da dove provengono queste chiacchiere?
Quello che segue è una versione curata di un articolo pubblicato dalla rivista ETERNITY nel dicembre 1994.
Voi probabilmente sapete di storie di E tagliata con additivi e sostanze velenose.
Vero, quando compri ecstasy non ci sono controlli di qualità e puoi incappare in un cocktail di droghe, in particolare quando il pusher resta senza MDMA. Puoi inoltre, capitare che prendi una fregatura. Ma non eroina e neanche veleno.

Ogni giorno la polizia sequestra sostanze sospette che vengono inviate in laboratori specializzati in analisi di sostanze psicotrope, e là non hanno mai riscontrato tracce di eroina nelle pasticche di ecstasy. Anche i campioni di sangue di quei soggetti ospedalizzati con problematiche inerenti l’uso di droghe furono spediti al National Poisons Unit, che è specializzato per rilevare le droghe: non venne rinvenuta eroina in quei soggetti che avevano assunto soltanto ecstasy. Quindi da dove sono partite le chiacchiere? Un anno fa la rivista TIME OUT diffondeva uno speciale intitolato “PILLOLE AMARE”, sottotitolo “L’ECSTASY E’ TORNATA A INSIDIARE CENTINAIA DI CONSUMATORI” perché gli spacciatori tagliano le pastiglie e le capsule con eroina, LSD, veleno per topi e pezzetti di vetro. La notizia venne riportata ovunque, persino in un giornale danese.
Io intervistai la fonte citata: Stephen Beard del Newman Drugs Advice Project. Costui fu assai vago, e quando alla fine ricevetti una sua telefonata dovette ammettere che la storia gli venne raccontata da un pusher che aveva fabbricato E “pacco” con lampadine frantumate. Non ci furono riscontri nei test e nelle analisi di laboratorio da parte di quei medici che avevano avuto in cura soggetti consumatori di E. Il NPU dichiarò che recentemente non si erano registrati casi di avvelenamento da vetro di bottiglia o veleno per topi. Ancora, nonostante le mie proteste, Newham e Time Out non fecero niente per correggere la storia. Nello stesso modo, la rivista MIXMAG in un recente articolo sull’ecstasy omise di menzionare i risultati dei tests di Glasgow, che dimostravano la non contaminazione della E con altre sostanze.
MIXMAG inoltre aggiunge: “300 mg di MDMA possono uccidere una ragazzina” (la dose letale più bassa registrata in esperimenti animali è di 20mg/1kg, o 300mg per un soggetto che pesi 15 kg: una ragazzina davvero piccola!); e anche “MDA è forte come l’ LSD mischiato con SPEED” (MDA non provoca effetti simili all’ LSD, è come l’MDMA ma dura di più, con meno calore). Tuttavia nessuno vuole scalzare i miti consolidati. Uno di questi viene raccontato in una canzone satirica degli anni ’50 intitolata “Il vecchio venditore di droghe”: Egli la offre ai ragazzi gratuitamente perché sa bene che i giovani volti innocenti di oggi saranno i clienti di domani.”
E’ un po’ come il “vinioli” che vuole metterti nei guai e di nascosto inietta eroina dentro le bottiglie, con la speranza che un giorno diventerai tossico aumentando così le sue vendite.
E’ vero, qualche pusher ti rifila polverina bianca al posto di ecstasy, ma i truffatori
è improbabile che vendano eroina in perdita o mandarti nei guai con lampadine tritate.
La maggior parte delle sostanze sostitutive trovate dentro le ecstasy non sono nocive, ma possono provocare effetti indesiderati. 
Ad ogni modo, prima di assumere una pasticca, si dovrebbe realizzare che, sia il contesto, sia le aspettative, sono molto importanti. Infatti, pochi capiscono e accettano il fatto che gli effetti delle droghe come l’ecstasy siano legati alla loro dimensione interiore, e alla loro condizione mentale contestualmente all’atto dell’assunzione. La mia esperienza migliore con ecstasy l’ ho provata con un tipo di pasticca che durante un party dentro un tunnel chiuso fece stare male un mio amico.
Ricorda che l’ecstasy non è una semplice e facile pasticca, ma è capace di abbassare le difese e ti consente di aprire la mente. Comunque, può essere auspicabile rimanere in uno stato di allerta e sulla difensiva, a meno che non ti trovi in una condizione particolarmente ottimale. E è capace di tirare fuori sensazioni che non sei abituato ad affrontare. 

NICHOLAS SAUNDERS 1994 
Traduzione AB 2000

APPENDICE II
Intervista con i fabbricanti


Hai mai pensato di farti da solo la tua Ecstasy? Ho parlato con un po’ di gente che l’ ha fatto per produrre Ecstasy di ottima qualità. 

Come hai incominciato?
Tre di noi hanno passato circa tre anni per la pianificazione dell’equipaggiamento; leggendo sui processi di sintesi; cercando e comprando i materiali. Nessuno di noi aveva alle spalle esperienze di laboratori a parte le mie lezioni di chimica a scuola, e non conoscevamo nessuno nell’ambiente. A noi ci piaceva l’Ecstasy e così decidemmo di farcele da soli.

Dove hai procurato tutto il necessario?
Procurare l’armamentario senza dare nell’occhio è stato assai difficile. I fornitori ci avrebbero venduto solo un termometro al banco di vendita e niente di più complesso, d’altra parte ci richiedevano di aprire un conto in banca, con le referenze. Quando provai ad aprire un conto, la banca mi chiese quali fossero le mie intenzioni e di che natura precisamente fosse il mio business! Così cercammo delle compagnie esistenti che avevano conti con fornitori, e provammo a prendere contatti di persona in modo da farci passare gli ordini direttamente a noi. L’approccio con queste persone ha rappresentato un rischio, poiché essi avrebbero potuto informare la polizia e anche ricattarci, e raddoppiare il prezzo. Comunque trovammo qualche pezzo dell’occorrente in vendita in un teatro, presso qualche negozio, e infine nel portabagagli di una macchina; quasi tutto è stato procurato in una vetreria, come avevamo esperienze di laboratorio cosi dei metodi di produzione. Ciò ha significato un sacco di danni, al punto che talvolta fermavano la produzione per secoli prima che fosse possibile trovare i pezzi di ricambio.

Che dici dei componenti base?
Alcuni componenti chiave abbiamo dovuto acquistarli al mercato nero a prezzi elevati. I solventi non erano disponibili senza domande, e per qualche ingrediente era necessario avere la licenza, sebbene trovammo una copia di fornitori indiani che presero i soldi senza chiedere niente. Ma non potevamo comprare tutto quello che ci serviva in Inghilterra e quindi avevamo timore a prendere merce importata. Questo voleva dire farsi i componenti principali da soli. Spendemmo in tutto 4.000 sterline.

Come vi siete organizzati esattamente?
Affittammo un appartamento come base per il progetto. Quindi sperimentammo per trovare il miglior metodo. Abbiamo studiato tutto quello che siamo riusciti a procurare inclusi i testi di chimica; “PIHKAL” di Alexander Shulgin; “I Segreti della produzione di Metamfetamina” e anche i brevetti dell’Ufficio Brevetti. E’ stato più duro di quello che ci aspettavamo; anche se seguivamo le istruzioni parola per parola, qualche reazione non funzionava, mentre altre furono così violente che procurarono la rottura degli apparecchi. Tutte le formule, inclusa quella di Shulgin, avevano dei punti importanti mancanti, perciò abbiamo dovuto mettere insieme la ricetta cercando altre definizioni in libri e brevetti. Furono necessarie settimane prima di trovare il metodo ottimale.

Quanto tempo c’è voluto?
Per la lavorazione di un chilo di MDMA ci sono volute tre persone per circa due settimane. Questo perché alcuni processi potevano essere fatti solo con 50 grammi di sostanza per volta.
Abbiamo utilizzato 75 litri di solvente che non poteva ricondensarsi, cosi da non produrre fumi nell’armadio, tutto venne portato ad ebollizione producendo enormi vapori più pesanti dell’aria, che avrebbero potuto riempire l’appartamento. Qualche fumo era tossico. Qualche altro anche velenoso. Talvolta a causa dell’inalazione dei fumi cadevamo malati con la tosse, con gli occhi che ci facevano male e con le vertigini.
Noi eravamo preoccupati per la possibile esplosione che poteva essere provocata dal motore che pompava a vuoto, così quando le cose si mettevano male dovevamo evacuare l’appartamento con il rischio che potevano essere visti i fumi sbucare dalla finestra . Una volta una bottiglietta di etere, esplose, e durante la reazione Ritter l’acido solforico caldo e il metil-cianuro schizzarono sul soffitto cadendoci addosso. Credevo di aver definitivamente danneggiato i miei polmoni.

Com’è stata la vendita?
Questa parte è stata sorprendentemente difficile. Provammo a trovare un unico compratore, ma temevamo che chiunque potesse comprare un chilo di MDMA fosse colluso con la malavita e quindi avrebbe potuto tornare da noi con le armi. Finimmo a vendere in piccole quantità, questo significava più persone che conoscevano il nostro segreto, e anche che non chiedere più del usuale prezzo in circolazione delle 40 sterline al grammo, nonostante la nostra fosse purissima. L’intera cosa si trasformò in un incubo, anche se uno dei miei compagni trovò la vicenda assai divertente.

Cosa faresti di diverso se cominciassi da capo?
Lo farei su larga scale. Penso che il rischio sarebbe stato più basso se avessimo pagato qualcun altro per ottenere l’equipaggiamento e i materiali; inoltre avremmo potuto permetterci locali più sicuri, miglior strumenti e maggiore sicurezza.

Nicholas Saunders 1995
Traduzione AB 2000




APPENDICE III

Confessioni di un pusher


Quali sono state le motivazioni che ti hanno spinto a scegliere questa vita, piuttosto che un’altra?

All’inizio andavo ai raves e alle feste insieme ai compagni di borgata. Come saprai alle feste c’è sempre stato un largo uso di sostanze, e quindi con gli amici abbiamo pensato di prenderle per noi, ma anche di venderle. E così è cominciata la mia carriera. Loro da subito hanno lasciato perdere, mentre io ho continuato, trovandomi sempre di più coinvolto. Mi piace non solo fare uso delle sostanze, ma anche quello che c’è intorno, nei contesti delle feste.

Hai deciso di venderle solo per ammortizzare i costi, o perché ti piace questo tipo di vita?

No, la mia vita è questa, meglio che andare a lavorare svegliandosi la mattina alle otto. Magari neanche ti piace e ci devi andare lo stesso, perché funziona in questo modo.

Rispetto ai rischi del controllo sociale. Come ti comporti? Che precauzioni usi?

Questa è l’altra faccia della medaglia. Sono consapevole dei rischi che corro; le mie precauzioni sono “stare in campana” il più possibile. Anche se una volta mi è capitato di avere dei problemi con le forze dell’ordine e da quella volta le cose sono cambiate, mi limito di più, cercando di non dire niente a nessuno, di non parlare al telefono. Le solite cose, insomma.

Quindi sei recidivo, nonostante i guai, conseguenza della vendita di sostanze illegali, come mai hai continuato lo stesso?

Ho continuato, perché ci sono altri aspetti legati a questo stile di vita che mi interessano. Io sono contento di fare così, mi piace e spero di continuare a farlo il più a lungo possibile, poiché mi consente la massima libertà di fare quello che voglio, di stare nell’ambiente che voglio e con la gente che mi piace frequentare. Più di così …

Non prospetti quindi un possibile cambiamento nel tuo stile di vita? Se finiscono le feste, hai intenzione di continuare a fare la stessa vita?

Io ho altri interessi oltre alle droghe e al sound system, comunque, non ci sono solo queste cose nella mia vita.

Cosa pensi del fatto che la legislatura in materia di stupefacenti, sia in Italia che in Europa, speso sia causa di sovraffollamento nelle carceri andando a colpire piccoli pusher come te e non il grosso narco - traffico?

Sono consapevole di essere la pedina di un meccanismo più grande di me; sono contrario a qualsiasi legge che regolamenti le sostanze, soprattutto perché mette in galera giovani che usano le droghe, quelle sostanze a detta di qualcuno definite illegali. E’ incredibile accada questo, soprattutto quando esistono altre sostanze considerate legali che fanno più male.

Quali per esempio?

I farmaci, l’alcool e il tabacco.

Cosa pensi dell’eventualità di una legge antiproibizionista che alcuni politici stanno pro muovendo? Non pensi che se passa, il primo ad avere vita difficile sarai proprio tu e altri piccoli spacciatori, che come te saranno costretti a smettere, perché la droga potrebbe essere acquistata in farmacia o posti simili?

Innanzitutto, se dovesse passare una legge antiproibizionista, non credo che tutti comprerebbero solo nelle farmacie, penso che nelle feste continuerei a vendere lo stesso.
Sono favorevole ad approcci di liberalizzazione delle droghe. Infatti le droghe dovrebbero circolare liberamente senza controlli e senza posti specifici dove essere vendute e acquistate.
Si verrebbe a creare un meccanismo ulteriore di controllo, in quanto sei costretto a comprare quelle sostanze e solo quelle, che lo stato ti mette a disposizione.

Sei favorevole alla coltivazione diretta delle piante da oppio e cocaina, o alla produzione di pasticche per esempio? Hai mai pensato di farlo da te, senza rivolgerti al mercato nero?

Si, ci ho pensato, sarebbe l’ideale l’auto - produzione di quello che mi consente di vivere, ma ci sono problemi fisici, tecnici e pratici che mi impediscono di rendere operativa l’idea.

Perché è meglio produrre da se le sostanze?

Perché conosceresti esattamente quello che stai vendendo e quello che assumi. Siccome non sono solo un pusher, ma anche un consumatore garantirei la qualità delle sostanze per me, per gli amici e per gli acquirenti. Eviterei quindi di mettere nelle sostanze ingredienti dannosi che potrebbero intossicare le persone.

Il fatto che sia difficile reperire sul mercato l’equipaggiamento necessario per la produzione di droghe, non ti fa pensare che ci siano sempre fattori economici dietro?

Ci sono sempre problemi legati alla sfera economica, come l’utilizzo smodato di psicotropi in questo ultimo periodo. Senza morale, ma i frequentatori delle feste si spaccano di tutto senza controllo, mischiando tutto senza chiedersi che cosa assumono, sapere che c’è dentro, se è droga sporca. Io non sono, né per l’uso moderato, né per quello smodato. Anche se poi ognuno può fare quello che vuole, ritengo opportuna maggiore cautela.

Che pensi delle polemiche riguardo le “stragi del sabato sera”,  che i media ci propinano continuamente? Ritieni siano legate alla mancanza di consapevolezza, oppure fanno parte della strategia del controllo sociale?

Non credo nei media, quindi sicuramente è una questione legata al controllo, comunque bisogna constatare che la quantità delle sostanze è aumentata, prendi per esempio la chetamina, prima alle feste era introvabile, ora c’è sempre in abbondanza. Questo aggrava il problema consumo.

Rispetto al passato che cosa è cambiato riguardo alla consapevolezza, perché non vengono più distribuiti opuscoli informativi sui rischi delle droghe? Pensi che la controinformazione sia utile?

Siccome abbiamo registrato una caduta nella consapevolezza dei gesti di consumo, noi come tribe, come sound system distribuiamo materiale informativo durante le feste. Nei limite del possibile qualcosa facciamo, ma non so se è abbastanza, visto che l’abuso è continuato.
Ognuno di noi dovrebbe essere maggiormente consapevole di se stesso e dei suoi limiti, oltre che di quello che assume.


Le sostanze che tu spacci ritieni creino dipendenza o una qualche forma di assuefazione?

Dati scientifici dimostrano che l’Ecstasy non crea dipendenza fisica, ma il continuo uso della stessa crea problemi, so di gente che è andata in comunità, quindi credo sia una questione soggettiva, di come ti relazioni alle droghe.

Sei a conoscenza di come i servizi sociali trattano i consumatori di anfetaminici? Che cosa pensi delle unità mobili di strada fuori dalle discoteche che cercano di creare informazione per prevenire i comportamenti di abuso? Credi sia utile questo tipo di azione?

Credo sia utile ma fino a un certo punto. Questi operatori sociali vengono anche alle nostre feste, me penso che i ragazzi le vedano troppo distanti da loro perché l’opuscolo distribuito da loro sortisca un qualche effetto. Non si fidano di chi proviene dall’esterno, quindi la risposta è snobbarli. Meglio circolare informazione all’interno. Poiché si insatura un clima di fiducia reciproca, sicuramente più utile ad arginare comportamenti a rischio di abuso.

Da dove credi provengano le pasticche che vengono sequestrate? E le vostre droghe quale collegamento hanno con quegli ambienti?

È capitato che circolassero pasticche prodotte qui nei dintorni della città. Ultimamente vengono portate dall’estero, da ambienti di cui ci fidiamo. Manteniamo il beneficio del dubbio, comunque.

Non credi che poiché il fenomeno rave si trovi ad attraversare un momento di impasse e di stallo nella creatività, sia causa di un maggior uso e consumo di droga?

Più volte ci siamo chiesti come mai il fomento di una volta non si trova più, la risposta è stata che tutte le cose hanno un momento di magia iniziale che poi va via via scemando con il tempo. Si presenta ormai una costante mancanza di idee e di creatività ai parties, che inevitabilmente rende il rave routine.

Sarebbe dunque opportuna una disintossicazione da rave? Non pensi che le droghe vadano a colmare i buchi e le mancanze di novità nelle feste?

Le due cose sono indissolubilmente legate.

La droga aiuta a vivere meglio?

Aiuta anche a vivere peggio.


ANNA BOLENA 25 GIUGNO 2000


note


1 “Droga è qualunque sostanza estranea all’organismo capace di modificarlo quando viene 
assunta. Questa definizione così ampia comprende tutta una serie di prodotti che nell’accezione dell’opinione pubblica normalmente non sono considerati droghe: tutti i farmaci, l’alcool, il tabacco e, in generale, tutte le sostanze che sono in grado di modificare l’organismo.” Massimo Barra e Vittorio Lelli – Droghe e drogati - 1990 Ed. IANUA.
2 “E’ tipico dell’insaziabilità, ma anche delle veemenza degli anni giovanili, che un fenomeno, un’esperienza, un modello scacci da solo tutti gli altri. Siamo allora ardenti e pronti a espanderci, afferriamo questo e quello, lo rendiamo il nostro idolo, ci assoggettiamo a esso, aderendovi con una passione, che esclude tutti gli altri. E non appena uno ci delude lo facciamo precipitare dalla sua altezza e lo frantumiamo senza esitazioni; non vogliamo essere giusti: ha contato troppo per noi. Tra i frantumi del vecchio idolo insediamo l’idolo nuovo”. Elias Canetti – Potere e Sopravvivenza – 1972.
3 Il confronto tra sostanze capaci di provocare una qualche alterazione o cambiamento del sistema nervoso centrale, dovrebbe essere effettuato calcolando la concentrazione del principio attivo della sostanza stessa, ad esempio l’alcool nel caso del vino, la nicotina nel caso del tabacco, il THC nel caso dell’ hashish etc. Questa semplice operazione eviterebbe di dividere le sostanze in leggere e pesanti. Nessuna sostanza è più o meno pesante, perché lo stabiliamo a priori, nessuna sostanze è leggera perché stabilito dal Codice Penale, tutte le sostanze possono causare piacere, benessere, ma anche nausea e malessere a seconda della quantità di principio attico assunto. Questo non significa che le droghe siano tutte uguali, ma è necessario un criterio di comparazione per non creare disparità nei soggetti assuntori che anche questi si caratterizzano per la differenza individuale e per le variegate risposte ai sintomi e agli effetti che qualsiasi droga è capace di indurre. Ho conosciuto persone capaci di fumare trenta canne in una sola notte e restare lucidi e la stessa persona bere un goccio di vino ed in seguito vomitare.
Vale il detto: Tutto è relativo! 
4 “Con il termine tossicità si intende la proprietà di una sostanza, cosi chiamata perché capace di disturbare l’equilibrio di un organismo fino al punto di non considerare tale organismo in salute. In altre parole comincia a stare male (Koeman, 1996). L’ Environmental Protection Agency (EPA) degli Stati Uniti considera gli effetti delle sostanze come tossiche o in caso contrario quando c’è un deterioramento funzionale o danno patologico che attacca il funzionamento dell’intero organismo o che riduce la capacità dell’organismo a reagire a rischi supplementari. Per quanto concerne la tossicità dell’MDMA, ci sono due principali aree che richiedono la nostra attenzione: da una parte la tossicità sistemica acuta, dall’altra la neurotossicità. L’effetto della tossicità sistemica acuta sulla salute dell’organismo è ovvia. Mentre nel caso della neurotossicità l’effetto sulla salute non è cosi immediato sia negli uomini che negli animali sotto osservazione. Tuttavia, il deterioramento di alcune parti del sistema nervoso, come osservato in animali, deve essere considerato potenzialmente tossico, tanto quanto il deterioramento possa eventualmente attaccare la salute dell’animale o dell’uomo, o diminuire le sue capacità di far fronte a nuovi sforzi.” [cfr. Toxicity of Ecstasy by Leon van Aerts, Phd 1996] E interessante osservare come nel vocabolario dei sinonimi il termine tossico venga sostituito anche con velenoso, avvelenato, nocivo, dannoso, micidiale, mortale, venefico e letale, nessun riferimento agli stati alterati di coscienza.
5 Pare che i giovani spagnoli detengano il primato europeo di consumo pro capite di droga, cosi come recita l’articolo intitolato: “LE NOTTI DROGATE DELLA MOVIDA. Stupefacenti, allarme in Spagna.” di Jose Maffeo pubblicato su Il messaggero del 19 giugno. “I giovani spagnoli della post-movida e degli eccessi “almodovariani” sono tra i più grandi e i più precoci consumatori di droghe dell’Unione Europea. Oltre il 40% dei concittadini di Juan Carlos e di Aznar tra i 15 e i 29 anni ha provato la cocaina; tra i 15 e i 18 anni un 10% può essere considerato consumatore abituale.[…]Almeno tre milioni di giovani – il 10 per cento contro il 2,8 per cento del resto dei coetanei europei hanno provato l’ecstasy, mentre per 1 su 3 il fine settimana si conclude con una solenne sbornia.” Nessun commento vale la pena, l’articolo parla da solo.
6 “L’anno scorso andai con un monaco Zen di 70 anni ad un rave party. Egli nonostante gli dispiacesse la musica, fu assai singolare nel dichiarare a voce alta la sua illuminazione: Questa è meditazione!”. [ Nicholas Saunders alla Conferenza Annuale della British Psychological Society del 1997.]
7 “La ricerca spasmodica ed estrema dello “sballo a tutti i costi”, dell’alterazione fittizia, non assume nessun significato intimo e trasformativi dell’essere; possedere, “inglobare” quantità eccessive di empatogeni/psichedelici, non può alimentare stati e situazioni alternativi al grigiore quotidiano.” [Stati Alterati senza Coscienza. L’autodistruzione è fine a stessa. Su un flier distribuito nella primavera del 1995.]
8 Che l’informazione qualsiasi informazione che sia a favore o contro una sostanza rappresenta comunque una sorta di pubblicità indotta all’uso della sostanza stessa, pare che anche il Ministero della Sanità in Italia lo tenga in considerazione, infatti nella CIRCOLARE N. 84 DEL 20 OTTOBRE 1984: Indicazioni relative agli interventi di prevenzione delle farmaco-tossicodipendenze; cosi recita: “..La diffusione di [..] messaggi,[..] dovrà uniformarsi alle seguenti indicazioni: 1) Evitare messaggi puramente informativi sulle sostanze e sui danni. Tali messaggi sono inefficaci e controproducenti: a) possono stimolare curiosità ed incentivare alla sperimentazione; b) non modificano il comportamento tossicofilo e tossicomanico che non ha le sue radici nella sfera razionale; [..] Evitare messaggi scorretti, inesatti, allarmistici o terroristici che tolgono credibilità all’intervento. [..]”
9 “Contro il rodimento di culo. L’apatia rosicona, l’invidia intestinale”. Testimonial Sasha con una boccia di Ketalar in primo piano. Su PETI NUDI I Quartini avariati di malrumori viscerali. 1997.
“Da quanto non mangi. Pink Rocks”. Testimonial DJ SWAITZ scannerizzato che pippa con un rotolo di mille lire incastrato nel naso. Il riferimento è rivolto al mitico speed rosa, ormai introvabile. Su PETI NUDI 999 1997.
“Welcome to Paradise. Fatte con amore. Chi mangia sano trova la natura”. Testimonial Kola improbabile Gesù Cristo che si “solleva” con le mitiche farfalline blu, forse tra le pasticche più pure che siano mai circolate ai raves. Su PETI NUDI 333 1998.
“FATTI NON PAROLE Ready for the new millenium” Pera Sekka e Desert Kola in tenuta paramilitare sul litorale romano, con sullo sfondo atmosfere esotiche, mentre con il keta-kit si preparano al nuovo millennio. Su PETI NUDI 888 1999.
10 “Chi ha stabilito che le sostanze psicotrope debbano essere divise in leggere e pesanti, chi ha deciso che l’assuefazione fisica e psicologica può essere controllata, gestita e curata da apparati a ciò preposti, ospedali, comunità di recupero, terapie alternative, sperimentazioni selvagge, che ha deciso che l’uso di una qualsiasi droga possa essere quantificata, centellinata, formulata in una fantomatica dose media giornaliera, per non essere considerato criminale comune, ma semplice malato della Mutua Assistenza Sanitaria, che decreta leggi, articoli, commi, appelli, sentenze, anni di galera contro spacciatori, consumatori, tossici, mafiosi, sperimentatori, chi in nome della Costituzione, del Contratto Sociale, della Democrazia, del Buon Senso decide e vota per un di libertà….è colui che decide per il meno peggio, colui che ritiene che il bastone è peggio della carota, che lo Stato è meglio della Mafia…[..]
La Loggia – Democratici? Mai! Storie di repressioni e depressioni/PETI NUDI 888
11 “Come più volte ripetuto, con l’elevata frequenza nell’uso, gli effetti dell’MDMA si possono presentare come meno capaci di generare empatia e più simili all’amfetamina, sebbene i parametri di questo fenomeno sono ancora frammentari (Peroutka, 1990; Jansen, 1997). Alcuni consumatori che sono giunti a questa fase hanno perso interesse verso le droghe, altri potrebbero aumentare la dose, e di rado qualche caso presenta sintomatologia di dipendenza come l’amfetamina, cosi come è stato dimostrato. Le ragioni possono essere dovute al fatto che gli assuntori cercano di ritrovare gli stessi effetti delle prime volte, e che sono attratti dagli effetti stimolanti generalizzati, e inoltre i fattori sociali e psicologici che aumentano il rischio di dipendenza, con altre droghe, come l’auto risoluzione di disordini interiori, problematiche personali irrisolte, facile accesso alla droga e una famiglia alle spalle che è abituata all’uso di sostanze (incluso l’alcool). Per coloro che sono professionalmente coinvolti nella scena dei clubs e delle feste, come gli organizzatori e i DJ, l’eccessivo uso di psicostimolanti può rappresentare un rischio per l’attività lavorativa. [cfr. Ecstasy (MDMA) Dependance by Karl L.R. Jansen 1999]
12 “Certamente sono aumentati i sequestri e dunque l’azione di contrasto nei confronti del fenomeno, ma certamente la diffusione è ampia, basti pensare che durante tutto il 1999 sono state sequestrate 270.000 pastiglie e due giorni fa , nel corso di un’ unica operazione, ne sono state trovate 330.000” da un articolo su un quotidiano romano intitolato “ECSTASY, ITALIA CROCEVIA DEL TRAFFICO DI MORTE”.
13 Gli approcci drug free partono dal presupposto che il tossicodipendente che voglia intraprendere il difficile cammino di liberazione dalla droga, deve presentarsi nella struttura a questo preposta, completamente spurgato da qualsiasi sostanza intossicante il suo organismo, passando per una condizione chiamata del tacchino freddo o cold turkey, già vista nella premessa.
14 Se il drogato viene considerato un soggetto malato con comportamenti compulsivo verso le sostanze di cui è schiavo, il recupero e la ri socializzazione deve essere garantita secondo modalità di presa in cura e di cura con tutti i mezzi a lui congeniali e adatti, in base al principio delle differenze individuali e con l’obiettivo di disegnare la terapia in base alle esigenze del paziente e non viceversa, appiccicare forzatamente l’intervento senza apportare modifiche.
15 [..]Bisogna modificare radicalmente le priorità nelle strategie relative alla droga. L’assistenza ai tossicodipendenti non deve più essere minacciata dalla legge penale. Anzi, deve diventare un obiettivo ala pari delle strategie sulla droga, a fianco della prevenzione dell’educazione. Per quanto riguarda i problemi collegati con la droga è necessario porre l’accento sulla riduzione dei danni. E le forme di intervento repressivo devono essere ridotte al minimo assolutamente necessario. La repressione deve essere limitata a combattere il traffico illecito di droga. Chiunque voglia ridurre la criminalità, i danni, le sofferenze e la morte, deve liberare i tossicodipendenti dalla pressione delle incriminazioni legate al consumo di droga e non deve collegare l’aiuto al solo obiettivo di una totale astinenza. Di fronte alle morti, la terapia antidroga può essere un’offerta tardiva, e l’aiuto a sopravvivere può rappresentare il primo passo per uscire dalla dipendenza.[..] La risoluzione di Francoforte sulla droga del 22 novembre 1990.
16 In Italia, a seguito dell’esito elettorale del Referendum sulle droghe del 18 aprile del 1993, nella Legge n. 162, o meglio nota come Russo-Jervolino-Vassalli, venne autorizzata la sostituzione della strategia drug free con quella più umana degli approcci umanitari della riduzione dei danni, con servizi a bassa soglia volti principalmente alla informazione sui rischi per la salute, fino ad considerare ipotizzabile e praticabile interventi con l’eroina a scalare. Sino ad ora senza successo. Le carceri sono stracolme di piccoli pusher o semplici consumatori o dipendenti o sieropositivi o con AIDS conclamato. 
17 Oltre al metadone che resta il più gettonato, le terapie di recupero contemplano l’utilizzo di altri farmaci sostitutivi come il tamgesic o il subutex, in casi di allergia o non tollerabilità al metadone, il naloxone e l’antaxone che sono capaci di bloccare i recettori dell’eroina, non facendo assaporare il flash dell’endovenosa.
18 Alcuni di questi piani assistenziali prevedono l’allestimento, ormai diffuso, di shoot room o galleries, ossia dormitori, ostelli o stanza messe a disposizione per consentire al tossico di strada di smaltire la pezza senza incorrere nei temibili rappresentanti della repressione, senza trovarsi a delinquere o a commettere piccoli reati in preda all’astinenza. Dove la tolleranza infinita degli operatori consente la protezione sicura e risolutiva della mania e del vizio. Sempre sotto stretta sorveglianza, sotto tiro appunto. [ to shoot significa sparare].
19 “Il metadone è considerato farmaco per eccellenza nei trattamenti di disassuefazione. L’obiettivo è di estinguere il bisogno di eroina o di ridurlo drasticamente. Con il contributo di interventi psicosociale si tenta di indurre una normalizzazione dello stile di vita del tossicodipendente che viene reintegrato nei circuiti di risocializzazione. I costi dell’intervento consistono nell’insabbiamento in una dipendenza sostitutiva e nel rischio di accumulo di più sostanze. Tra gli effetti non desiderati: la crescita di un mercato grigio di metadone.” Leopoldo Grosso Psicologo responsabile Accoglienza Gruppo Abele.
20 Ad oggi, l’unico farmaco capace di bloccare i recettori endorfinici dell’eroina è il NARCAN, che in Italia è autorizzato ad essere iniettato dai medici e anche da quegli operatori, chiamati nelle situazioni di emergenza o ogni qualvolta loro lo ritengano opportuno.
21  E di questi giorni la collaborazione fra Ministero dell’Interno e rappresentanti delle discoteche quali DJ e gestori, che convinti che sia una questione di orario, la scelta dello sballo fine settimanali dei loro giovani avventori, hanno messo in atto un piano ipocrita di intervento di controllo e di prevenzione dei comportamenti di abuso, stabilendo alle tre o alle cinque del mattino [su questo ci sono evidenti problemi sollevati dai mafiosi manager dei divertimentifici e delle balere estive che vogliono tirare il più possibile l’orario per evidenti scopi di business] la chiusura dei locali da ballo, instaurando pattuglie mobili di guardie e di buttafuori nel vano tentativo di spingere i giovani a non consumare droga, giusto qualche birra consentita, e soprattutto a promuovere azioni delatorie, facendo arrestare chi vende ,spaccia le temute pasticche della morte e quant’altro. Viscidi e timidi tentativi di istigazione nascosta alla ribellione sociale. Paradossi.
22 A tal proposito, interessante questo intervento di Roberto Cestari sugli interventi dei neuro psichiatri in America: “[…] perché laggiù c’è un sistema di infiltrazione psichiatrica nelle scuole  e nelle famiglie molto più potente del nostro. Pensate addirittura che i genitori subiscono dei ricatti del tipo”tuo figlio è troppo attivo, allegro, troppo casinista. Se non lo mandi dallo psichiatra ti sottraiamo la paternità…perché vuol dire che non hai cura di lui”. Quindi i genitori sono ricattati e costretti a mandare il bambino in visita dallo psichiatra, il quale prescrive il Ritalin. Questo farmaco ha alcuni effettucci laterali, quali la comparsa della “sindrome di Toupet”. Che cosa vuol dire? Vuol dire che vengono dei “tic”…[…]. Il secondo effetto collaterale consiste nel fatto che alcuni bambini si sono ammazzati. [   ] il Ritalin è assai diffuso e ormai largamente usato, il 70% dei bambini con questa “terapia” diventano tossicodipendenti da adulti. Perché, capirete bene, il loro comportamento diventa semplicemente  farmacodipendenze. Noi creiamo in loro l’idea che “ti sei comportato bene perché il farmaco ha funzionato, sei stato bravo per ché la terapia era quella giusta.” Da Atti del Primo Convegno Nazionale di Ecologia Umana – Roma 20 aprile 1991 – PRATICA NON PSICHIATRICA ANTIPROIBIZIONISMO ANTISEGREGAZIONE ANTIRAZZISMO.
23 In Olanda dove da tempo i coffee shop regolamentati vendono erba e fumo di tutti i tipi, non hanno sostituito magicamente la vendita in strada, hanno solo consentito l’acquisto anche costoso di THC in tutte le sue forme. I poteri del capitalismo illuminato.                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                        

pics & words © ANTONELLA PINTUS 

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