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AMBUSH RECORDS, I FRANCHI TIRATORI
“Ambush è un’etichetta che nasce dalla variegata realtà urbana della periferia sud di Londra, da coloro che dentro una riserva protetta trascurano l’ordine costituito, dove incroci fertili di sperimentazione e numerose ispirazioni underground resistono contro la defunta cultura ufficiale. Intenzionalmente clandestina, Ambush crea costantemente nuovi risvolti ognivolta che propone con la propria musica ( che va dalla “ mutant machine music” alla “drum & noise”, dalla “harsh-step” alla “jungle-core”) materiale rivolto contro persone prive di interessi e progettualità , persone psichicamente sterili e prese dal business.
Ambush è seguita da Jason Skeet ( Aphasic ) e Toby Reynolds ( DJ Scud/Fallout ). Come Jackal & Hide hanno realizzato insieme il primo disco dell’etichetta, il famoso “ Escape from South London” EP. DJ Scud ha inoltre prodotto alcune tracce su DHR, in collaborazione con il fondatore berlinese della Digital Hardcore, Shizuo. Aphasic inoltre fa parte del duo “Society of Unknows” che ha realizzato il numero 24 della Praxis Rec. con Christoph Fringeli.
Ambush si percepisce come parte di una emergente sotto-rete trasversale di etichette, ravers, Djs, ed altro. Una rete di attività che stimoli ognuno alla crescita continua, dove nessun livello del processo evolutivo resti più importante del livello successivo. Di conseguenza deve esserci una costante e dinamica rete di sviluppo e di collaborazione, che innalzi a un livello superiore fitte relazioni incrociate capaci di produrre nuovi elementi di forma ibrida, mutevoli come i virus.
In questo contesto, bisogna riconoscere che i fattori politici della lotta vanno spiegati a livello culturale. Quello che è successo nell’ultimo decennio è che accanto alla fine delle discussioni politiche nei dibattiti pubblici e alla scomparsa continuata degli spazi sociali, si è verificata una insurrezione musicale che ha dato inizio a una sorta di colonna sonora della resistenza, non solo nei vecchi comportamenti della gente che combatte gli sbirri sulle strade, ma anche all’interno di micro realtà, dove la capacità intensificata di trasmettere il rifiuto dei modelli culturali esistenti ha resistito al consenso di massa, agli stili solidificati e alla troppa dance music che è diventata un’altro prodotto pre-confezionato, Ambush cerca spazi psichici.”
“ Ambush the money-mind-fucks. Ambush the process of subjection”. (Flint Michigan)
Contact:
Fax/Tel +44 171 737 1890
Email Via stevvi @c8 com
http://c8.com/ambush/ambush.htlm
Discografia:
(a cura di Anna Bolena)
JACKAL & HIDE “ Escape from South London” EP; prima splendida uscita dell’etichetta, dove apprezziamo l’evoluzione di uno stile siglato jungle dalle modalità ardite e dirompenti. La rivoluzione del suono ha un folgorante inizio con la traccia The Jackal ironica ballata fischiata senza sosta. Coldharbour Lane classic jungle ma con una venatura innovativa dark. Il secondo lato è senz’altro più bello con l’esplicita Post-industrial funk che recita “ the Pain, the Power, the Future, the Hope”, e per concludere il capolavoro della jungle core più scura, In bed with Hanin, da ascoltare con la pioggia sotto stati d’ansia depressiva. Rabbia assicurata.
APHASIC & SCUD “Welcome to the Warren”; Justify my hate apre il disco, con una ritmica piuttosto dubbeggiante contaminata da screcciate in free style. Non la amo particolarmente. Lente distorsioni moderatamente modulate per Comparative vandalism. Proseguiamo con la meravigliosa ed energica What is it you really want? ; stridori metallici against MTV e la sua società dello spettacolo. L’ultima track si intitola I hear a new world, noise in sintonia.
GIVE UP produced by David Hammer; Moshi Moshi divertente incastro assolutamente difficile da orecchiare per le molteplici variazioni estemporanee ed imprevedibili. Brain dead remix, giri convulsi dissacranti di ogni genere in circolazione. Trouble riesce invece con un jingle incastonato su una ritmica aperta a farsi ricordare. To Shizuo omaggio alla DHR. Give up drum & noise crossata rock devastante.
APHASIC & SCUD “ Snipers at work”: orsù l’incantesimo si è rivelato e i nostri cecchini hanno colpito ripetutamente il bersaglio. Comincia Aphasic con due tracce ben confezionate dove l’arrangiamento dei suoni è accurato e ponderato: You only happen once e Despair in the community. Jackal & Hide firmano invece Belief in the enemy, dallo stile ormai inconfondibile, spezzato e guerreggiato. Ma è il lato inciso da Scud che ha il sopravvento con “Mash the place up” culto infinito negli anni a venire e riconoscenza estrema per l’efficacia estrema dei loop . Bellezza sconvolgente ed insolita. A seguire l’industriale nibelungico di Scud missile e il lacerato grind di Skate bored ( just hardcore) . In assoluto Ambush 04 resta per ora il più completo.
MWARF “Sex with a machine”: dietro la sigla Mwarf si celano Dan Hekate & Christoph Fringeli, che ci regalano come sempre forti emozioni con Pillar, distorsioni schizzate dal cervello , Brockbeat consuetudini giornaliere, Isil safe stati chetaminosi d’alterazione distruttiva e per concludere Fat boy tristissima concezione dell’esistenza; decisamente la traccia più nuova. Ci aspettiamo grandi eventi. Alla prossima!
E’ in preparazione Ambush 6, Bodysnatcher di Scud e Christoph Fringeli.
Traduzione e recensioni di Anna Bolena
TREGIUGNOMILLENOVECENTONOVANTACINQUE
APPIA ANTICA
Su una delle vie consolari della città, quasi a ridosso delle Mura Aureliane, abbiamo scoperto un grosso edificio a due piani, assai polveroso e dismesso; utile per passare qualche notte particolarmente fredda a chi come barboni o immigrati non ha fissa dimora. Infatti al piano superiore ci stavano una serie di piccole stanze con materassi puzzolenti, dove era visibile il passaggio di esseri umani: cartacce, cicche rozze coperte, scarpe usate....Utilissime le finestre sulla strada per cioccare l’arrivo degli sbirri, che puntuali si presentarono, intorno alle 3: 00 della mattina del quattro; con abile diplomazia riuscimmo a non farli entrare sino alla fine della festa.
Ma torniamo un po' indietro di circa un mese, quando dopo qualche riunione organizzativa, decidemmo che posto troppo diroccato e sozzo andava pulito. Ci premunimmo di scope, palette, buste....In genere cominciavamo di pomeriggio a spalare un po' di merda, quanto meno per evitare che la gente sollevasse più polvere del previsto.
La stanza più grande doveva servire per acchitare la dance-hall; i piatti con il monitor dovevano essere installati il più in alto possibile lontani da polvere ed eventuali avventori. La consolle è sacra. Così venne sistemata su un trespolo industriale raggiungibile da scomode scalette. Tutta la strumentazione venne collocata in modo tale da non venire danneggiata evitando così guai onerosi con il service.
Nella stanza affianco srotolammo del nastro rosso e bianco (il work-in-progress dei cantieri edili e della segnaletica stradale) nei punti più rischiosi per l’incolumità delle persone. Il pericolo era rappresentato dai vecchi ingranaggi e dai macchinari dell’ex cartiera, probabilmente ancora funzionanti; archeologia da fabbrica stupenda, che a suo tempo serviva per la produzione della carta per i giornali locali. Il fascino del sudore operaio a qualcuno di noi illuminava la fantasia. Il detournement del luogo è stato spesso stimolo indispensabile nell’allestimento dei raves. Non soltanto per il semplice piacere estetico architettura post-industriale, ma anche per stuzzicare il nostro gioioso cinismo volto a trasformare un antico simulacro, simbolo del lavoro salariato, in un luogo dove esprimere il nostro divertimento collettivo e personalizzato senza bavagli o limiti di sorta. Fino alle prime luci dell’alba o oltre.
Dopo aver fatto una sosta infinita in sottoscrizione e aver mediato con gli sbirri affinché non scassassero le palle per almeno altre 2 o 3 ore, mi avvicinai al bar intorno alle 5: 00 e piano piano a spintoni raggiunsi gli altri sotto la consolle.
Un attimo di distrazione e i fottuti tutori dell’ordine ,sino ad allora rimasti chiusi fuori, penetrarono furtivi attraverso il l’enorme cancello scorrevole. Dopo l’ennesima discussione presero gli estremi di un paio di documenti e finalmente i zelanti dipendenti comunali si allontanarono. In seguito non mi risulta che qualcuno di noi abbia subito conseguenze giudiziarie. Qualcuno comunque approfittò dell’uscita secondaria per allontanarsi indisturbato senza incappare in perquisizioni inutili. Bravo! Noi invece che dovevamo smontare tutto; amplificazione e relativi cavi, pannelli fluorescenti issati sui muri, piatti e mixer ed altri attrezzi, facemmo entrare il furgone dall’Appia, unico accesso ampio disponibile, praticamente davanti agli sbirri. Sti cazzi ...è andata.
Per finire ancora due parole sulla nottata : per me fu l’iniziativa più coinvolgente che fino ad allora avessi organizzato, da quando l’ ambiente dei raves era un po' cambiato, non saprei dire se in positivo o in negativo fatto sta' che la contaminazione sociale e in parte culturale già da tempo si respirava nelle storie. Quella sera arrivarono più di duemila persone; credo sia stato il massimo storico per una festa fatta al centro e per giunta non autorizzata. Prima di allora si svolgeva tutto in periferia. Ricordo che una certa presenza coatta e discotecara mi infastidì non poco ,in realtà stranamente già da tempo i DJ’s più seguiti della capitale avevano cominciato a prestare parecchia attenzione per il fenomeno e quindi un certo seguito bisognava tollerarlo. D’altra parte una certa stima e rispetto c’è sempre stata con chi anni prima provò a creare un contesto techno di un certo spessore. Ritengo che dal punto di vista squisitamente musicale il livello che le labels indipendenti romane raggiunsero nel periodo più creativo(dal novanta sino al novantaquattro) ha già fatto scuola, se non storia. Ma altre testimonianze raccontano di episodi poco edificanti, quali risse o accoltellamenti fra piccole bande fasciste e borgatare che costrinsero i gestori organizzatori a rinunciare ai loro lauti guadagni. Lo sfruttamento non ha limiti di sorta e certe contraddizioni iniziarono a creare problemi in chi professionista musicista era animato dalle migliori intenzioni. Certo per molti di noi che proveniva da un ambiente dichiaratamente contestatario antiautoritario questi contesti o situazioni erano parecchio distanti per intenzioni ed obiettivi ; ciò fece scaturire numerose discussioni sul significato di festa, spettacolo , rave.... e l’immancabile voglia di autogestione; condizione questa assai problematica da sempre e non ancora chiarita. AUTOGESTIONE parola magica di uso comune che vuole significare tutto ,troppo e niente. Sicuramente una parola diffusa ed abusata. Mah!................................................................
Pare che all’interno della cartiera un paio di settimane prima , durante un sopraluogo, venne trovato un pacco contenente un etto di eroina purissima. Forse leggende metropolitane. Prurito garantito di prima qualità.
duesettembremillenovecentonovantasette
Contributo individuale di Meridiana 0.7
ROMA RIOT @ Datacide Magazine
"People asked me questions about tomatoes robbing the vine and rotting on the vine and I had no idea what I was thinking about and abided in blank ecstasy. The only cure for morphine poisoning is more morphine”. [Jack Kerouac – Mexico City Blues 1959]
The Roman context doesn’t breathe quite well. It’s blocked up by the
habit of a routine which offers almost the same, approximate,
superficial stuff.
In spite of the indefatigable activity of a small part, we have to
notice that Rome lived other periods, even short, distinguished by a
deep, rebel, stirred up spirit. In those periods all the people involved
did the best to lead their attitudes and behaviors, honestly inclined
to the transformation and the global mutation of everything around our
existence and “resistance”.
The social control in its most marked issues (see the fortunately
faulted attempts of police to stop the raves) has been able to refrain
the intentions of many, but at the same time made harsher the intentions
of the few, as us, which never gave up the fight to claim actions,
facts and events filled with emancipation and freedom.
Politics not always has been the cause of this claim. Sometimes the will
of believe in something to escape from the tainted vicious circle of a
usual, insipid life (which grinds the consciences inside the
authoritarian mechanism), used to make the difference. The production of
creativity and eccentricity is certainly recognized by the ones who run
slices of the market and absolutely valid fields of production planned
to gain, but those works are often insignificant for what concerned aim
and contents.
It is “honeyed” reassured that someone of us decided to express
disregard against all this system in different ways: by the conscious
use of psychotropic substances (see the flyers of “underground
information” about “use and abuse” divulged during our enterprises
between 1995 and 1996; the fight against nuclear bombs in Mururoa; the
campaign for the abstention to vote); by the intention to exceed the
bonds forced by too restrictive musical kinds (see many attempts to
contaminate the sound from the desk at the last two years parties); by
the divulgation of discographic stuff outside the business of music
shops (see musical self-production and records resell struggle against
SIAE and the rest of Establishment).
These “attempted attempts” clearly haven’t been working yet, because of the uncontrollable increase of synthetic rubbish (pills and powders) that most of us go on with, just for boredom or habit, forgetting that the control and the output of this business definitely isn’t our matter, but remind to someone else’s dirty hands inclined to manipulate other most dangerous (even if different in effects and implications) substances (cocaine and heroine); and also forgetting that anything has been really done to stop the trade of the big narco-dealers. Lots of people is still thinking that buying some pastiglia or a gramme of Ketamine by our friendly pusher means to have precious goods of high quality. Bullshits.
By the way, without any moralistic parable (let’s say it sincerely: we like drugs and we are for the free Statal tax circulation), we have to notice the obvious lack of good raw materials to prepare what we generically call DRUG. Let’s meditate on it, guys, let’s meditate on all the creep available in this period!!
Driving the attention on the music, the “daily bread” for many of us,
the chance to improve the quality of the production had an half
success. Even bounding around the remark of the intentions to change
sounds and rhythmic, we have to say that those intentions haven’t
always been appreciated or appreciable.
Not appreciated because, except for the essential production at the
beginning of the decade [we hold in high regard Leo Anibaldi, Lory D,
D’Arcangelo, Passarani, Benedetti, Micheli, Rizzo, Renghi, Galli and
little few], the rest of the production hasn’t been taken into the same
consideration. First because, as suitable, the enjoyment of the
musicians changes towards most mature sounds, and then because the flat
taste of “the people of the night” has been submitted to the absolute
tyranny of a spiral sound made in raves parties of various tribes (among
other things I heard a rumor that in the clubs progressive is selling
well: this is a reality that we don’t know and we don’t want to know!).
Not appreciable because, in spite of the excellent ADC’s industrial, Amptek-Entropia’s experimentations (Eclectic rec.), Syncretic's brave beginning (not always convincing), Mat 101’s ironic electro and many others, self production seems to be, in our context, still a sort of mirage. Something too much announced but never really carried out, maybe because we are Italian, and we’ve got lots of problems with money, and moreover we still pay the addiction from the across the Channel’s foreigners, not always positive and interesting (let’s specify: they aren’t better than us, but surely faster and most prepared in make up their music).
Without any provincial attitude, it’s always right to promote the cross contamination of sounds, complex but need full. A pale try has been “The Celebrat.Action in SpazioKamino” (a squat in Ostia) on 10/11/12 December 1999, for the 10th anniversary of occupation. Many roman record labels get involved in (Nature, Plasmek, Eclectic, Syncretic), and also many new levers of urban self production (Roma Sud Tracker, Mechanic Willow alias Thomas & Emilio [see their good track on Evil Rec.], San Pedro, Fire Workers, FUB), John Healey of Somatic Responses, Dan/Mwarf of HEKATE, Ostia Rioters, Dj Shakti and the undersigned Anna Bolena, which accompanied the PANZARASA’s performance (Ostia’s contemporary dance group), all joined with VHS by CARTA ZERO[Roma] and TITUS from France/Marseille, also HI-TEC installations by BRADIPO MORPH.
The appointment saw the presence of 3.000 people (considering that
for 3 years till now the number of rave’s founds decreased, maybe because
the work of the newspapers on the police clear of Fintek), but we have
to say that we can do more. We have to find better ways to promote this
contamination, better strategies to modify the way to involve all the
people.
Too many times I disagree with the mental attitude of some of us, the
ones who think that the work of a few near us is most important and
interesting than the others work. Sometime when our effort finds low
gratification we use to blame on external causes, rather then make a
right internal analysis of the feedback. Often we play other’s work
down, just because they have the “fault” to deal mainly with a “so
unimportant” activity as MUSIC.
It’s rare to find attitudes inclined to develop everyone’s diligence.
For what concerned us PETI NUDI, after few numbers of our magazine we decided to do something different. Now we are contributing to TELECANDIDA (a local broadcasting’s TV program) for music and editing. Besides, we’re working on a project for a self managed record label, called IDROSCALO DISCHI: a place to give voice to everyone interested in experimental and industrial music, our old passion; and also an tribute to Pasolini, Ostia, and the subterranean culture.
Coming to an end, we specify that other realities are operating in Rome, as FORTE PRENESTINO’s ones (a squat occupied for 14 years): 00Nowhere, and Kernel Panik. Even if we don’t always like every musical choice of them, we admit the coherence and the perseverance in their plans. Moreover we remind to Retinal Fremen, the happenings called BLUE CHEESE at the ex Mattatoio of Testaccio, Lab 0028 at Spinaceto suburbia and Brancaleone’s (an ex-squat) Fridays called Agatha.
Anna Bolena (PETI NUDI HYPERMEDIA)
translated by iefaiebio
pics & words © ANTONELLA PINTUS
DAL CRAVING AL COLD TURKEY
[ASSUEFAZIONE E DISINTOSSICAZIONE E RAVE]
)))agli ultimi(((
PREMESSA
“Quello che abbiamo vissuto non può essere raccontato a parole.” Leo Anibaldi
Innanzitutto è mia intenzione spiegare il significato etimologico delle parole usate nel titolo di questo articolo;
Craving: termine anglosassone che significa “desiderio ardente”, di solito viene usato per descrivere le voglie irresistibili delle donne in gravidanza verso particolari cibi o bevande. In seguito è stato introdotto nella descrizione della sintomatologia del tossicodipendente da eroina in special modo, quando si vuole indicare l’incontrollabile voglia di farsi.
Cold Turkey: anche questo è un modo di dire mutuato dagli americani, tradotto in italiano vuol dire “tacchino freddo”, espressione colorita e inquietante che viene utilizzata in ambito terapeutico di disintossicazione da eroina, quando il paziente, ormai pollo da spennare, viene costretto a smettere di bucarsi senza l’ausilio di succedanei, quali farmaci antidolorifici o analgesici, che quantomeno gli consentirebbero di non sentire i terribili dolori alle ossa e ai muscoli, conseguenza di un uso prolungato nel tempo dell’oppio di sintesi.
Assuefazione: abitudine all’assunzione di una qualsiasi sostanza, la quale per consentire di provare le medesime sensazioni, generalmente piacevoli, provate le prime ed entusiastiche volte, è necessario aumentare gradualmente o velocemente a seconda dei soggetti la dose minima che garantisca lo sballo. Inutile dire che ogni cosa può creare assuefazione, non solo le sostanze psicotrope.
Disintossicazione: processo di disassuefazione ad una sostanza, ad una situazione, a delle condizioni ambientali e mentali particolari, può chiaramente esprimersi ed attuarsi secondo modalità differenti e diverse, nel caso dell’eroina ad esempio, lo smaltimento fisico, l’eliminazione della sostanza intossicante dal corpo, può avverarsi anche in soli 4 o 5 giorni, quello psicologico ha bisogno di più tempo, talvolta possono passare molti anni prima che il soggetto si allontani definitivamente dalla sostanza, senza registrare possibili ricadute.
Raves: in inglese significa delirio, fermento, fomento, descrive tutte quelle situazioni di festa e di adunanza sociale dove gli individui condividono insieme, sensazioni, desideri e utopie, nel tentativo di trasmettere comunicazione trasversale e orizzontale, diversamente dalle istituzioni e dalle agenzie del sistema, quali famiglia, lavoro, chiesa, sport, e tempo libero, che da sempre si caratterizzano per i loro rapporti interpersonali di tipo gerarchico e autoritario.
Adesso dopo il micro - vocabolario, [le spiegazioni sono, chiaramente, indicazioni di massima, che potrebbero benissimo essere rivedute, corrette o aggiustate] vorrei introdurre il retro-significato del titolo.
Il riferimento si indirizza verso una pratica assai diffusa nell’ultimo periodo, l’utilizzo, qualche volta smodato, di sostanze empatogene e euforizzanti, che ha accompagnato spesso i nostri raduni finesettimanali, talvolta settimanali, nel senso che duravano una settimana intera.
Nessun moralismo strisciante, non mi appartiene, piuttosto una constatazione dovuta.
Sono dell’opinione che quello che abbiamo costruito, sudato, sentito, non ha parole, o comunque trova difficoltà ad esprimersi nelle dichiarazioni formali o gergali che una qualsiasi lingua possa tentare di spiegare, descrivere, o affermare. Come dire che solo nel nostro più intimo recesso dell’anima riusciamo a ricordare e riuscire a riprovare quelle vibrazioni.
Ma adesso, che quella splendida stagione si è esaurita, salvo qualche fuoco di paglia e qualche scaramuccia saltuaria, possiamo, sia rivisitare con adeguato distacco ed intelligente analisi gli eventi recenti, sia confermare e contare quanto delle nostre aspettative di cambiamento si sia effettivamente realizzato.
O perché non sono in vena di nostalgia, o perché non sono certa di conoscere a fondo i desideri dei compagni di strada di questi ultimi anni, a parte gli “scazzi”, le incomprensioni, e le differenze di opinione, che non interessano più a nessuno, preferisco, sia perché è sempre stato uno dei mie interessi principali, sia perché esplicito volere del curatore e ideatore di questo libro, testimoniare dell’iniziale entusiasmo all’uso cautelativo, sociale, ricreativo, espansivo e quant’altro delle droghe, per arrivare a testimoniare lo scivolamento incauto nell’uso meno controllato delle stesse, con il conseguente accertamento dell’impurità delle sostanze, e per finire provare, brevemente, a illustrare gli scenari della pratica di riduzione dei danni, prospettata e attuata dagli operatori “professionali” del presidio sanitario, altro tentacolo del controllo sociale. Infine tre appendici. Le prime due sono di Nicholas Saunders, una è costituita da un articolo sulla presunta e non dimostrata presenza di eroina nelle pasticche di MDMA, l’altra è una intervista a fabbricatori di Ecstasy. In conclusione l’intervista che un pusher mi ha rilasciato.
Volendo fare una parodia forse per qualcuno fastidiosa, quello che vorrei suggerire ma non trattare in questo scritto, è l’intossicazione da raves, che mi pare più preoccupante, vista l’apatia e la poca freschezza degli ultimi eventi, ma questo è un altro discorso, che forse ci porterebbe lontano.
Restiamo e continuiamo a parlare dei rischi non calcolati, se di rischi si tratta, che invece sono a mio avviso riscontrabili a conseguenza evidente dell’uso prolungato di COCAINA, MDMA, SPEED, CHETAMINA,…
E l’eroina che c'entra??
Ritengo non troppo forzato il paragone, visti gli studi assai diffusi sui comportamenti di abuso, sulle diagnosi, sulle cure, sui rimedi contro l’assuefazione e l’intossicazione da eroina, infatti si può imparare molto dai libelli, articoli, libri e pubblicazioni in materia, senza dimenticare che l’eroina è la vera droga 1, la panacea risolutiva, il paradiso artificiale che tutto tace e tutto acconsente nell’immobilità mentale e corporale, toglie e cancella da subito tutto il malessere del mondo. Le altre droghe vengono dopo e quindi, sono differenti, forse meno pericolose, forse meno dannose. Tutto da dimostrare. Forse le riflessioni sono altre, visto che per un po’ “il paradiso” lo abbiamo davvero toccato con mano. Ma tutte le sostanze, tutte le merci, perdono nel vortice consumistico il loro fascino incantatorio iniziale, per poi svelarci quello che non pensavamo ci fosse dietro l’angolo, noi stessi con i nostri fantasmi e le nostre ombre, intenti ancora una volta a riprovare da capo un’altra avventura, con qualche inculata in più da archiviare.
E poi l’eroina qualcuno la usata, la usa, la userà.
Una citazione voluttuosa e devota a una sostanza che piace.
PARTE PRIMA
Usi e consumi
“Per quanto mi è dato sapere, fra le droghe ludiche solo l’eroina e l’LSD permettono di accedere al sublime. E, tuttavia secondo modalità del tutto dicotomiche. L’LSD rende brillanti, almeno temporaneamente, ma c’è la fregatura: vale a dire,rende anche stravaganti e incapaci di esprimersi, idiots savants imprigionati, senza capirne il perché, nei torti e nelle ragioni becere della maggioranza dei sani di mente. Gli oppiacei, d’altro canto, tendono a istigare il corteggiamento della morte, che ovviamente è uno stato del corpo su cui si può solo fantasticare; per cui il corteggiamento in sé, visto che profondo e non conoscibile sono sinonimi, giusto? Ma l’uso assiduo di oppiacei può condurre alla morte. E se da un lato la morte permette al tossicomane di trascendere i dogmi semplicistici della società, dall’altro lascia anche la sua vita passata e le sue convinzioni totalmente vulnerabili ai revisionismi da strapazzo di chi gode di lunga vita.”
Dennis Cooper - IDOLI - 1997
Ci sono configurazioni chimiche e proprietà sintetiche insite in ogni sostanza esogena, che introdotta secondo modalità differenti [per via orale, per via intramuscolare, per via endovenosa, per via nasale, per via anale] va a toccare spazi e aree ben precise nel nostro cervello, il quale è sempre pronto a riconoscerle senza sbagliare, mai.
Questo vale per farmaci, psicofarmaci, piante curative, principi attivi di funghi, cactus ed altro, droghe di sintesi o designed drugs, processi di cristallizzazione o lavorazione di foglie, arbusti etc, che corrispondono e vanno a incrementare l’elenco lunghissimo delle sostanze più o meno tollerate, più o meno perseguite, che con solerzia quasi certosina ogni anno l’Organismo Mondiale della Sanità redige, affinché ognuno addetto o non addetto ai lavori deve considerare nel momento in cui le prescrive, consiglia, suggerisce, propone, affida, guida, aiuta, conforta, allevia, tiene, detiene, mantiene, assume, usa, abusa, consuma, elargisce, istiga, offre, dona, regala con l’obiettivo di fare e farsi del bene.
E fin qui tutto a posto, il problema, visto che di problema si tratta e che le sostanze appunto non sono tutte uguali, o meglio non sono considerate uguali secondo i loro benefici curativi, o secondo la loro capacità di alleviare il dolore e prevenire il malessere, oppure secondo criteri dettati dai principi della chimica,2 della medicina, della scienza, e della matematica, e neanche secondo modalità etiche, o principi morali, valori o codici umanistici, o secondo una qualche deontologia professionale votata alla coerenza, o ancora secondo dottrine religiose e trascendenti, poiché ci sarebbero troppe verità in contrasto fra loro: infatti se un musulmano non beve vino è un problema squisitamente personale o al limite del paese in cui certe tradizioni vengono rispettate, non può essere l’OMS a stabilire criteri legati alla vocazione o al grado di osservanza ai culti divinatori. Dunque il presupposto principale di divisione delle tabelle di quelle sostanze chiamate droghe, è la separazione in due grandi categorie,quella delle sostanze illegali e quella delle sostanze considerate legali;
cioè è un principio legislativo, burocratico, statale a stabilire se una sostanza ti fa male oppure no, ed è questo stesso principio che stabilisce che se ingurgiti 8 litri di vino non vai in galera, se ti fai uno spinello con due grammi di THC puoi essere perseguito anche penalmente se il giudice lo riterrà opportuno, oppure avviato a tua discrezione verso qualche programma rieducativo e terapeutico di disintossicazione.
La Francia, contrariamente a questa tradizionale divisione ha elaborato un piano triennale di lotta alle droghe, che si basa sulla divisione delle sostanze secondo il grado di pericolosità, infatti nel primo gruppo troviamo l’eroina, gli oppiacei, l’alcool e la cocaina; nel secondo gli psicostimolanti, gli allucinogeni, il tabacco, e le benzodiazepine; nel terzo la cannabis e i suoi derivati. Secondo questa divisione, che rappresenta nei suoi limiti, comunque un passo avanti rispetto al passato, è chiara l’intenzione di volere in qualche modo tenere sotto controllo il consumatore, quanto meno collocandolo in un preciso contesto sociale, nell’analisi comparata delle differenze individuali, ma è qui sta il limite: descrivendo, catalogando, etichettando e prevenendo i suoi possibili comportamenti a rischio.
Inoltre, in questo piano di attacco alla diffusione degli stupefacenti, si parte dal presupposto che tutte le droghe sono tossiche,3 si stigmatizza un po’ troppo l’uso ricreativo o anche sperimentale delle sostanze; cioè, si considerano le sostanze per gli effetti che producono, ma ancora una volta, non si tiene conto delle diversità nell’approccio alle droghe, dipingendo il consumo con visioni allarmistiche e colpevolizzanti, sempre in un ottica di repressione sociale [se si tratta di schieramenti politici e istituzionali destroidi o bigotti] di calcolo dei danni sociali previsti [se invece si tratti di cattocomunismi progressisti con ampie vedute di fittizia liberazione]. Come se all’esistenza e alla diffusione delle droghe si potesse attribuire quasi una sorta di spiegazione di tutti i mali del mondo, come se le problematiche giovanili siano sempre legate all’uso improprio, ludico, superficiale delle droghe, le quali spiegano il fatto che ci sia la disoccupazione, l’insoddisfazione, l’incapacità alla realizzazione professionale, la tendenza all’indolenza, e all’ozio, la mancanza di concentrazione nello studio etc.
E poi se è stato stimato che solo il 10% 4 dei consumatori potrebbe abbracciare comportamenti d’abuso verso una qualche sostanza, mi pare ovvio che per gli esperti e per gli specialisti a caccia di qualche Nobel per la pace,non ci sono ancora i numeri per definire il problema ad alto rischio. Certo i vari scienziati che contribuiscono con i loro rispettivi governi ad alimentare la caccia alle streghe, sotto la parvenza buonista e ipocrita di volere risolvere tale piaga sociale, si danno un bel da fare a tentare di prevedere, analizzare, valutare possibili interventi di recupero e reinserimento di quei soggetti che malati hanno bisogno di cure adeguate, specialistiche, miracolose.
Si dimentica troppo spesso che il comportamento d’acquisto di una sostanza non risponde agli stessi criteri di valutazione di un soggetto che andando al supermercato, se ha i soldi compra Mulino Bianco, e senno si orienta sui biscotti Montebovi, più economici e di massa. Trattandosi di sostanze illegali, mi pare ovvio che il prezzo deciso sul mercato risponde a esigenze legate ad altri fattori, non comunque relazionabili al soggetto che vuole provare, o perché è dipendente o perché ne ha voglia, ho perché gli serve per rilassarsi, o perché gli procura piacere, o perché vuole meditare e quant’altro.5
In un ottica di gestione autonoma delle nostre menti e delle nostre voglie, dei nostri desideri, delle nostre spontanee tensioni verso qualcosa di diverso, non veicolato dall’alto, ma influenzato solo dal nostro immaginario, abbiamo cominciato verso il 1995 contestualmente all’ingigantirsi del fenomeno rave in Italia e in Europa, a produrre controinformazione e informazione dettagliata sulle sostanze psicotrope che circolavano allora, principalmente MDMA e anfetamina in polvere. L’obiettivo principale era quello di far circolare le poche notizie, che si trovavano diffuse in rete,e tradotte dall’ inglese, sugli effetti e sintomi causati dall’assunzione di Ecstasy e Speed, le droghe che più circolavano in quel momento nei nostri contesti.
Con questo tipo di informazione in modo illusorio e anche ingenuo abbiamo creduto che distribuendo volantini con sopra scritto “Do it, not abuse”6, oppure “spegni la televisione pensa con il tuo cervello”, si potesse in qualche modo arginare il possibile rischio di una contaminazione contagiosa verso l'arioso adagio allo sballo. Infatti il problema è sempre stato lo sballo fine a se stesso, anche noi siamo incappati in un moralismo viscidamente insulso e incoerente, come se il piacere di provare uno stato alterato di coscienza fosse stabilito una volta per tutte e per tutti, come se le droghe fossero solo riscontrabili e descrivibili da quante vampate di calore hai ricevuto o da quante smascellate hai riscontrato, indi per cui la “chicca è bona”.7
Lo stato alterato di coscienza, quante volte pronunciato e biascicato, ma quando veramente sentito, provato, sperimentato, come se poi fosse tutto rose e fiori e non una condizione psicofisica completa, totalizzante, solitaria spesso di perdita dei sensi tra la vita e la morte, e qui mi dispiace per chi si è indottrinato sui manuali dove viene esaltato lo spirito collettivo della trance dello scambio sociale e della comunicazione trasversale. Dimentichiamo troppo spesso che se davvero i raves fossero rituali, avremo tutto sotto controllo, poiché ci sarebbe un trainer uno stregone un iniziato una condizione di trance indotta che coinvolgerebbe per forza gli astanti e i partecipanti che comunque sono preparati a quello che li aspetta, e dove spesso capita che non tutti sono ammessi a partecipare al rito magico dell’assunzione di un qualche miscuglio potente e concentrato, derivato di una pianta, o di un albero, o di un fungo: un qualche principio attivo super concentrato.
Insomma i riti tribali e religiosi di popoli primitivi o ancora non occidentalizzati si esprimono, comunque, secondo una gerarchia e una ruolizzazione ben definita, dove il singolo ha poca libertà di poter trasformare radicalmente il susseguirsi degli avvenimenti, dalle nostre parti nonostante la divisione sempre più netta tra organizzatori e frequentatori, dovuta ad altri motivi che alla ricerca della rivelazione divina in qualche spirito reincarnatosi per l’occasione, di autentica trance collettiva così come la intendono taluni antropologi, non si è mai visto neppure l’ombra.
Piuttosto l’incarnazione della pezza, quella più volte si è incontrata nei volti dei numerosi ravers che hanno calcato le polverose strutture periferiche che circondano le nostre città.
Siamo stati abituati alle lezioni radicali di Hoffman, di Shulgin e di Leary, dai loro laboratori di ricerca si è cercato di contaminare la loro sperimentazione con elementi di trasgressione, di rottura con la cultura dominante, di contrapposizione concreta, di organizzazione dal basso del divertirsi e dello stare insieme, senza verità da confermare, senza ricerca dell’assoluto e del totalizzante.
Nel 1997 cominciammo, contrariamente a prima a diffondere sulla nostra rivista PETI NUDI, alcuni spot provocatori che istigavano all’uso delle sostanze con modalità impregnate di cinismo e sarcasmo, non sempre apprezzate, ma a mio avviso veritiere e anche sfacciatamente apologete.8 Alla droga ci credevamo, e per certi versi ci crediamo ancora, per la sua capacità di renderci quello che siamo, per la volontà di credere in quello che siamo, per l’opportunità di espandere le nostre menti e i nostri sentimenti.
Abbiamo rappresentato una micro collettività assolutamente non in sintonia con quello che stava fuori dal capannone o dalla fabbrica abbandonata, l’obiettivo è sempre stato quello di spegnere e allontanarsi il più possibile da una realtà metropolitana inadeguata alle nostre esigenze. Niente gesti naturali o liberazioni concrete del nostro malessere, tutto ciò che fuori non si poteva compiere o attuare dentro l’isola di metallo e cemento si è portato avanti con convinzione e fedeltà, sicuri che il sabato prossimo sarebbe stato lo stesso. Il rito del popolo della notte non era quello di perseguire una ricerca interiore illuminante sostanzialmente consona alle tradizioni, così come avviene tra gli aborigeni di un qualsiasi villaggio africano, piuttosto quello di rivivere o provare a fare tutto quello che la società ci impedisce di attuare, la libertà di espressione. Nella quasi certezza e convinzione della sperimentazione pragmatica, abbiamo consumato, ma con approcci tendenzialmente moralistici nel senso che inizialmente si cercava appunto di non strafare, accompagnando le nostre scoperte lisergiche a grandi entusiasmi, a fervide tensioni e coraggiose velleità di trasformazione del momento, dell’attimo vissuto, del qui ed ora. Principalmente ignari della reale consistenza delle numerose pasticche e sostanze che circolavano: i commenti e i preamboli all’acquisto mutavano rapidamente di fronte al colore, alla grandezza, al disegno in calce, al prezzo tutto ciò produceva comportamenti d’acquisto curiosi e ingenui: bastava che l’incauto pusher pronunciasse dichiarazioni come: è morfinosa, è poco anfetaminica, oppure è un tantino mescalinica, che in noi scattava la consapevolezza presunta di essere capaci di prevedere quali effetti mirabolanti e fantastici avremo provato. Il beneficio del dubbio, quello per fortuna è arrivato, tardi ma è arrivato.
Ciò è passato attraverso l’uso il consumo l’abuso delle sostanze, inizialmente discrete di buona qualità, in seguito sempre più legate alle modalità e alle leggi del mercato, secondo logiche che appartengono al mondo, quello che sta fuori e che alla fine è entrato dentro.
PARTE SECONDA
Cavie topi e polveri
"Penetrazioni astratte: una scopata da cavalli.
Mentre accarezzavo il suo culo dalla carne soda e asciutta, sentivo il suo membro snello assottigliarsi velocemente dentro le mie pareti morbidamente lisce. Il contorno del corpo perdeva peso e spessore mentre gli angoli delle gambe, delle ginocchia e delle braccia assomigliavano a pezzi di immagini dipinte da Picasso, impossibile comprendere dove cominciava la mia figa rispetto al resto, dove arrivava a toccare il suo corpo allungato come robusti fili di ragnatele ai bordi nitidi dei quadrati rossi, blu e gialli di Mondrian. Il piacere ansimato ci immergeva dentro l’ambientazione naive di un disegno animato, con tanto di fumetti onomatopeici a suggellare un amplesso spigoloso e gonfio, confuso e coinvolgente, niente odori e sapori forti, poi improvvisi umori liquidi facevano scivolare le membra attraverso le altre. I bordi dell’immagine venivano rinchiusi dallo schermo gigante della TV, il film recitava le sue ultime battute in un lasso di tempo percepito lungo, in realtà di soli 10 minuti circa d’alterazione. E lui esclamò: “Non ci sto capendo niente!”."
Anna Bolena - Ketamina mon amour - 1999
Bisogna constatare che la qualità delle nostre sostanze, acquistate e ricercate sul mercato nero, vedi pasticche fumo e cocaina, oppure sul mercato parallelo sommerso grigio dei farmaci che nel mercato bianco vengono venduti sotto ricetta medica, vedi chetamina, anfetamine a psicofarmaci, sta rischiando di essere camuffato e tagliato da sostanze che con quella che si vuole acquistare non hanno niente in comune, anzi talvolta si può presentare il rischio che le sostanze aggiunte sia superiore in concentrazione al principio attivo delle stesse.
D’altronde se le droghe fossero caramelle, sulla loro carta colorata avrebbero in calce le precise indicazioni degli ingredienti naturali e chimici di composizione.
Ma le droghe appunto si muovono in ambienti totalmente illegali, super controllati dal sistema repressivo, volutamente nascosto per ovvi motivi, e quindi sottoposto a dure leggi di sopravvivenza che vanno inesorabilmente ad intaccare la bontà delle sostanze di cui si sta trattando.
Questo non vuole essere un suggerimento alla legalizzazione, ne tanto meno una condanna al traffico malavitoso di stupefacenti. Infatti nell’approfondimento degli aspetti legati alla qualità o alla purezza delle sostanze, prospettando possibili scenari risolutivi sulle problematiche inerenti al mercato delle droghe, e considerando se sia meglio auspicare il controllo totale da parte dello stato e dei suoi presidi sanitari della vendita e somministrazione dei farmaci e suoi simili, oppure la distruzione devastata e su larga scala delle piantagioni di cannabis papavero da oppio, piante di coca etc., è evidente che entrambi gli approcci siano inevitabilmente destinati a fallire.9
Anche perché le due posizioni, quella forcaiola di chi vuole cancellare dalla faccia della terra qualsiasi traccia di droga, o sostanza psicotropa e quella di chi concentrando in mano allo stato e alle sue istituzioni paternalistiche e tolleranti la risoluzione preventiva del fenomeno droga, non sono assolutamente convincenti, né tanto meno seducenti.
E come dire scelgo di essere cavia in qualche laboratorio della A.S.L., oppure mi pento e inizio a pensare che senza droga si starebbe meglio e ci sarebbero meno problemi sociali, di disagio, di criminalità, di microcriminalità, mentre si allestiscono splendide campagne allarmistiche contro la droga, che ti spegne, ti consuma, ti fulmina, ti uccide, o magari addestro una ronda di quartiere che va a caccia di marocchini venditori di morte, così come avviene nelle opulenti città del Nord, vedi Milano e Torino. Nascono i cittadini celerini “fai da te”, sempre più razzisti benché di origine meridionale, che si esprimono a favore della pena di morte e di leggi più severe contro la delinquenza, lamentando una totale assenza dello stato e deplorando maggiori divise e tutori preposti all’ordine e alla repressione, come se non ce ne fossero a sufficienza.
Il problema è che il problema forse non è stato mai posto in modo corretto, infatti nei contesti abitualmente frequentati, nei nostri porti franchi dove nessuno ci è mai venuto a rompere le palle, [salvo qualche raro caso] comunque raramente si è voluto argomentare e discutere in maniera precisa e profonda delle contraddizioni inerenti il mercato degli stupefacenti, che è lo stesso mercato mafioso che in altri ambiti proviamo quantomeno a combattere. Nell’impossibilità di poter conoscere a fondo i componenti chimici delle pasticche calate e delle polverine inalate, bisogna sostenere un atteggiamento fiducioso, informandoci della provenienza, del colore, della dimensione, della purezza, dell’esperienza, del fiuto, dell’amico principalmente dell’opinione degli altri, di quelli che ti stanno vicino.
Siamo noi i principali topi auto sperimentali. Non dimentichiamo che ultimamente gira proprio della mondezza altamente intossicante, o probabile che siano altre sostanze a noi conosciute, che simili a quelle più note scavalcano la frontiera più facilmente. Non scordiamoci che poi il controllo sbirresco fa il resto, e considerando che la quantità di droga sequestrata e fatta analizzare presenta tracce di elementi ai più sconosciuti. Impossibile che vengano tagliate con sostanze che sul mercato costano di più, impossibile che venga mischiata eroina, la quale resta tra le droghe più costose, possibile invece la stricchinina e altri veleni, più economici e che in piccole quantità sballano. Impossibile che i produttori di pasticche mettano in commercio sostanze velenose, in genere chi fabbrica ecstasy, è anch’egli consumatore, ed improbabile che pusher incauti possano aggiungere a prodotto finito una qualche sostanza da taglio, cosa più probabile accada con le polveri come anfetamina e chetamina. Per le pasticche è più probabile, ma è tutto da dimostrare, che siano le impurità derivate dai processi di sintesi, attuati presso laboratori volanti che chiaramente vengono spostati di continuo, abbassando i livelli di pulizia e di sicurezza.
Chi ha buona memoria, ricorderà che gli effetti dell’ectasy qualche hanno fa erano chiaramente riconoscibile e autentici, ultimamente,[a scanso di equivoci tolgo ogni possibile complicazione legata all’assuefazione 10], i sintomi sono diversi e assai confusi nell’essere descritti, ad ogni modo non potendo assaggiare e testare tutto quello che gira, molto spesso ho declinato l’invito al viaggio, proprio nella difficoltà di capire che fosse, e anche nella sfiducia del mercato clandestino ormai troppo inquinato da presenze a dir poco rassicuranti.
Va bene che le droghe ci piacciono, va bene che per tanti anni abbiamo fatto le cavie, ma guardiamoci attorno, qualcuno con la scusa della nostra ricerca dell’empatia e della nostra voglia di crescita interiore si è arricchito alle nostre spalle.
Considerando i risultati concreti che sono stati registrati a seguito delle spettacolari e mirabolanti azioni propagandistiche che i servi delle varie agenzie preposte al controllo del mercato clandestino delle sostanze stupefacenti garantiscono. Di certo è necessario stabilire che l’enorme quantitativo di roba sequestrata non solo costringe ad una produzione raddoppiate della stessa, ma è chiaro che il primo aspetto che colpisce è la qualità dubbia di quello che viene prodotto e confezionato. Aumentando le operazioni di polizia, aumenta il costo sociale relativo, mettendo a repentaglio la bontà delle stesse, che per varcare confini, dogane e mari spinge i fabbricanti a cambiare la composizione delle sostanze, oltre che ad incrementare l’utilizzo di sostanze di taglio anche letali.
Il business 11 se ne fotte della salute dei suoi acquirenti, al punto che i casi di overdose sono imputabili più al fatto che la roba sia troppo pura, in concentrazione di principio attivo, abituati come siamo ad assumere sostanze che di media oscillano tra il 30/40% di componenti reali. Il resto è composto dei vari tagli dei passaggi di mano dei vari pusher. Interventi dannosi, non controllabili.
I bimbi di Gaza stanno morendo di fame. Il cestino ti ama! Berlino Friedrichshain Contributo @ Radio Onda Rossa Sabato 26 Luglio 2025 German...