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mercoledì 30 agosto 2023

WARNUNG VOR EINER HEILIGEN NUTTE [Rubrica di cinema] AMOS GITAI (2000)

 WARNUNG VOR EINER HEILIGEN NUTTE

ATTENZIONE ALLA PUTTANA SANTA

Inauguriamo la rubrica cinema [da un film del 1970 sulla visione del cinema di Rainer Werner Fassbinder, 1945-1982] con qualche precisazione:

Nessuna narrazione della trama dei film consigliati, salvo qualche dettaglio utile per le considerazioni in merito.

Nessun film che non ci sia piaciuto, lasciamo le critiche ai critici di professione.

Niente spazio alla macchina hollywoodiana anche se di manifattura europea o africana o quant'altro.

Nessuna censura di natura moralistica.



Kippur di Amos Gitai

La festa è finita


"Alle 15,30 di sabato 6 ottobre 1973, giorno di kippur, i siriani contemporaneamente agli egiziani sul fronte sud, attaccarono di sorpresa, con una seria di interventi aerei a bassa quota e con una preparazione d'artiglieria della durata di 50 minuti, da parte di circa 900 cannoni, che fecero piovere sulle posizioni israeliane oltre 1500 tonnellate di granate."

"Le Cinque Proibizioni del YOM KIPPUR

1. Mangiare e Bere

2. Cospargersi di profumo o lozione

3. Relazioni sessuali

4. Lavarsi

5. Indossare scarpe di pelle"

The Jewish Holiday of Yom Kippur


Trasgredire nel giorno del digiuno e dell'espiazione sacra del culto yiddish diviene inevitabile se c'è la guerra: quella vera e autentica, combattuta dentro i carri armati a ridosso delle trincee sudate di cadaveri maciullati dall'artiglieria pesante delle contraeree nemiche, ostacolata dal fango melmoso delle alture del Golan e delle montagne sassose del Sinai, osteggiata dalla labile psiche di giovani guerrieri accomunati dall'unico desiderio di sopravvivere all'inferno della battaglia. La bandiera patriottica con la stella a sei punte non caratterizza nessuna singolarità particolare potrebbe essere la rappresentazione di un altra guerra di un altro popolo di un altra religione. Le guerre sono tutte uguali.

I soccorsi per i soccorritori creano un pleonasmo retorico ma efficace nel contrapporre alle riprese dall'alto [lunghe e splendide] sui tracciati dei cingolati, le scene violente e sanguinolente dei feriti da evacuare sul campo.

Niente a che vedere con le fantasie visionarie di Apocalypse Now [Francis Ford Coppola 19], o con la crudezza di Platoon [Oliver Stone, 19] o con l'antimilitarismo di Full Metal Jacket [Stanley Kubrick, 19]. Qui il kubrickiano motto di Spartacus: -"C'è un tempo per combattere e uno per cantare"-, viene stravolto dalla routine di giornate infinitamente uguali, dove i protagonisti interpretano i ricordi autobiografici del regista Gitai che in maniera semplice e scarna supera le costrizioni religiose per disegnare a tinte forti il dolore del combattimento. Lontane sono le desert storm e le simulazioni dei video giochi, qui è tutto tremendamente duro e spietato, resta un senso di inquietudine e di imbarazzo se pensiamo al calduccio borghese delle nostre rassicuranti esistenze.

Bellissimo e struggente l'iniziale e finale amplesso dolce/amaro con i corpi dipinti dei colori della guerra.

Anna Bolena 2000

 words © ANTONELLA PINTUS 

Rubrica di Cinema per la newsletter di SpazioKamino Ostia

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