GLI SPOSTATI
La Palestina in Libano
Viaggio solidale in Libano presso i campi profughi palestinesi a seguito dell'associazione Per non dimenticare Sabra e Chatila, durante la settimana di commemorazione per i 40 anni dal massacro del 16-18 settembre 1982.
A.PI. 12-19 settembre 2022
"Microbi, germi, batteri, bacilli, spermatozoi: su trillioni di milioni di molecole impercettibili contenute per coesione di affinita' molecolare in una testa di spillo." James Joyce (Ulysses)
Beitut - Aeroporto Internazionale
PREMESSA
"La Germania non può placare la sua colpa storica scaricando il fardello sul popolo palestinese che vuole solo essere libero." Angela Davis
Il viaggio intrapreso dentro i campi profughi palestinesi in Libano mi ha portato inevitabilmente a studiare e comprendere meglio la dimensione sociale, economica e politica dei suoi abitanti, con particolare riferimento agli avvenimenti storici risalenti alla strage del 1982 (il mai chiarito massacro di Sabra e Chatila). Inoltre, ho ritenuto indispensabile attraverso una prospettiva personale, arricchire il testo con notizie attuali, riferimenti storici, considerazioni politiche e citazioni accreditate da parte di artisti, studiosi e giornalisti della cosiddetta questione è più corretto dire israelo-palestinese, sottolineando alcuni episodi salienti della complessa odissea di un popolo in inesorabile diaspora dal 1948, anno di nascita dello Stato di Israele. E' mia premura precisare, che poiché la tematica implica, per le diverse posizioni politiche, opinioni contrastanti e interpretazioni a volte anche contradditorie, si richiede necessariamente uno studio articolato della vasta letteratura a disposizione, un'analisi approfondita delle risoluzioni internazionali in materia di diritti umani, un attento approfondimento dei rapporti diplomatici nella costruzione politica della pace, coadiuvata da una necessaria onestà intellettuale e da uno sguardo sensibile innanzi alle numerose violazioni documentate dagli attivisti delle associazioni regionali e internazionali e dalle organizzazioni non governative. Questo report, che non ha certamente la pretesa di essere esaustivo, è piuttosto una sorta di work-in-progress, offrendo solo un modesto e limitato spaccato, sia della condizione particolare dei rifugiati palestinesi in territorio libanese, sia più in generale della questione palestinese, che ho iniziato a studiare agli inizi degli anni '80 alle scuole medie, grazie agli insegnamenti geopolitici secondo l'orientamento marxista-leninista della professoressa di italiano. Nei successivi 40 anni, ho avuto modo sia durante la formazione scolastica, sia durante la militanza dentro il movimento studentesco, seguito dalle esperienze politiche negli ambienti anarchici ed extraparlamentari, di aggiornare la tematica qui trattata. A tal proposito, ricordo ancora vivamente alcuni slogan urlati durante le manifestazioni di protesta a Roma negli anni '90, ancora scanditi: "Se non cambierà, Intifada pure qua!"; "Palestina libera! Palestina Rossa!"
Piantina dei campi profughi palestinesi in Libano
Con immensa riconoscenza e profondo rispetto ringrazio l'associazione "Per Non Dimenticare OdV", per il lavoro incessante di controinformazione rispetto alla stampa mainstream e le preziose iniziative intraprese nel denunciare le ingiustizie ai danni del popolo palestinese.
Ringrazio in particolare Flavio Novara e Mirca Garruti per il materiale informativo donatomi, il giornalista palestinese Bassam Saleh dell'Associazione Amici dei Prigionieri Palestinesi, per l'indispensabile e incessante impegno di traduzione dall'arabo durante il viaggio, per i racconti e la sua incredibile energia. Un grazie speciale per la revisione del testo va a Elisabetta Valento di AssoPacePalestina.
Grazie inoltre alle compagne e ai compagni che hanno intrapreso con me questo breve ma intenso viaggio, indimenticabile esperienza di vita.
NB. Il documento è stato scritto in più fasi dal 6 ottobre 2022 al 27 luglio 2023.
INTRODUZIONE
"Nel '48 siamo passati per le stesse sofferenze, ma mai con questa durezza. Tutto cio’ che e' stato realizzato nella vita: costruire una casa, mettere al mondo dei bambini, sono svaniti in un'ora. Che Bush canti questa vittoria al suo amico sanguinario, il boia, il mandante di Sabra e Chatila."
Mohammad Bakri (Jenin Jenin)
"Mamma ho una brutta notizia. Sono innamorato di una ebrea. La sua pelle è bianca, la mia è scura. L'ascensore non ha elettricità. Ma percepisco elettricità tra noi. Non si chiama Janie, ma imbraccia un fucile. Ha detto: "Senza l'obiettivo da cecchino, guarda, sei proprio carino!"
DAM (Mama I feel in love with a Jew - Dabke on the moon)
"Amavo la luna, ma la luna era finta. Ho annusato i fiori, ma i fiori erano di plastica."
47SOUL (Gamar-Balfron Promise)
I profughi palestinesi presenti sul territorio libanese, da sempre discriminati ed emarginati, soffrono in maniera determinante per la vasta disoccupazione, per l'annoso problema dei salari bassi e in generale per le cattive condizioni di lavoro del paese. Popolo apolide da più di 70 anni, nonostante le numerose risoluzioni internazionali riconoscano il diritto al ritorno in quella parte che si definisce Palestina originaria (risalente al periodo del Mandato Inglese, l'attuale Israele), non ha praticamente alcuna prospettiva per il prossimo futuro di poter risiedere neanche nel cosiddetto Territorio Palestinese Occupato, ossia in Cisgiordania, a Gaza e Gerusalemme Est, recuperando in tal modo le terre e le case espropriate da Israele nel 1948 e nel 1967, in seguito alla Guerra dei sei giorni.
Chiave simbolica del Diritto al Ritorno
con il disegno dell'artista palestinese Naji al-Ali
Ai residenti è stato inoltre proibito dalla legge libanese di portare materiali da costruzione in alcuni campi, impedendo la riparazione, l'ampliamento o il miglioramento delle abitazioni. Per i trasgressori sono previste multe e in alcuni casi anche la reclusione, nonché la demolizione delle nuove strutture.
La guerra civile dal 1975 al 1990, l'invasione israeliana nel 1982 conclusasi con l'espulsione dell'Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP) dal paese, il conseguente massacro di civili a Chatila e la distruzione del quartiere di Sabra ad opera di alcune bande di falangisti cristiano maroniti, la "guerra dei campi" del 1984, l'occupazione da parte delle IDF (Israel Defence Forces) del territorio meridionale fino al 2000, la Guerra del Golfo del 1991, il conflitto tra Israele e Hezbollah sfociato nella guerra del 2006, la guerra civile in Siria dal 2011, l'attuale crisi economica e politica, la recente pandemia da Covid-19 e l'esplosione del porto di Beirut nel 2020, rappresentano gli episodi storici più violenti che hanno colpito profondamente i profughi palestinesi, già abituati alle pessime condizioni di vita nei campi.
Per i palestinesi in diaspora esiste un’agenzia speciale, costituita dall'ONU nel 1949: l'UNRWA (The United Nations Relief and Works Agency for Palestine Refugees in the Near East). In Libano si contano pertanto tre categorie di rifugiati palestinesi: coloro che sono registrati presso l'UNRWA e le autorità libanesi; quelli cosiddetti non registrati (sono presenti solo nelle liste dell'UNRWA) e i restanti non registrati, senza documenti di identità. Secondo una stima imprecisa il numero complessivo dei rifugiati palestinesi presenti attualmente in Libano, registrati legalmente e non, si aggira intorno al mezzo milione, considerando anche i nuovi arrivati dalla Siria a seguito della guerra civile.
I 12 campi ufficiali, dove opera l'agenzia, sono cosi collocati sul territorio libanese: partendo dal nord troviamo Nahr el-Bared e Beddawi; a Beirut si trovano Chatila e Dbayeh; poco fuori dalla capitale il più piccolo Mar Elias; scendendo verso la città di Sidone, sono presenti di seguito Burj el-Barajneh, Ein el-Hilweh e Mieh Mieh; raggiungendo Tiro, El-Buss e Burj el-Shemali e quasi al confine con la Palestina in pieno territorio governato da Hezbollah si trova Rashidieh. Nella parte orientale del paese presso la città di Baalbek (che non abbiamo visitato) è situato il campo di Wavel Al Jalil.
L'UNRWA offre infrastrutture come scuole, servizi sanitari, assistenziali e sociali ai rifugiati palestinesi registrati e non registrati, sia all'interno che all'esterno dei campi, compresi gli insediamenti non ufficiali. L'UNRWA generalmente non è in grado di fornire servizi comuni, come lo smaltimento dei rifiuti solidi, in quanto rientra nell'ambito della responsabilità delle autorità locali, che spesso trascurano le elementari mansioni di controllo dell'igiene pubblico e della pulizia delle strade, causando la presenza sgradevole di quantità impressionanti di immondizia maleodorante dentro i campi, con conseguente ricaduta sulla già precaria salute dei suoi abitanti.
Inoltre, negli ultimi anni l’aggiunta da parte delle autorità locali di ulteriori divieti nella normativa che regola la vita nei campi, ha comportato per l'UNRWA l'impossibilità di offrire ai rifugiati aiuti concreti per il miglioramento delle condizioni sociali ed economiche della vita nei campi.
Per quanto concerne il diritto allo studio, in materia di normativa scolastica ai bambini palestinesi registrati è consentito di iscriversi alle 80 scuole elementari e scuole preparatorie e 6 scuole secondarie gestite dall'UNRWA in Libano, offrendo un aiuto indispensabile viste le restrizioni di accesso nelle scuole pubbliche e i costi proibitivi di quelle private. Inoltre, attraverso programmi speciali di formazione l'agenzia mette a disposizioni anche numerose borse di studio per chi frequenta le università, introducendo anche corsi di specializzazione per gli insegnanti. I bambini rifugiati palestinesi senza documento di identità possono frequentare le lezioni nelle scuole dell'UNRWA e possono anche frequentare le scuole elementari private, se possono permettersi le rette. Tuttavia, in genere viene loro negato il riconoscimento dei risultati scolastici presso le scuole secondarie libanesi, che come a tutti gli studenti richiedono documenti di identificazione. Inoltre, i rifugiati palestinesi senza documentazione di identità, che non sono registrati presso le autorità libanesi o l'UNRWA, affrontano normalmente maggiori restrizioni legislative, rispetto ai rifugiati palestinesi registrati.
Da sottolineare le annose difficoltà che molti palestinesi devono affrontare per ottenere i documenti di identità, necessari per accedere ai servizi e per ottenere lo status di rifugiato ufficiale. Non ultima la decisione di quest'anno del governo libanese di espellere i palestinesi provenienti dalla Siria devastata dalla guerra civile, i quali negli ultimi 10 anni avevano aumentato in maniera decisiva il numero degli abitanti sia dentro che fuori i campi, esacerbando le condizioni indegne dell'endemico sovraffollamento.
Considerando che numerose professioni non sono consentite ai rifugiati riconosciuti ufficialmente dalle autorità libanesi, limitando in tal modo le possibilità di trovare un lavoro dignitoso sia dentro che fuori dal campo, a prescindere dalla formazione professionale, per chi inoltre non ha documenti di identità, le opportunità lavorative sono praticamente azzerate, in un paese che sta affrontando la peggiore crisi umanitaria di sempre.
In questo vuoto istituzionale intervengono, accanto all'UNRWA, le diverse associazioni umanitarie e le ONG, che cercano con molte difficoltà di implementare i numerosi bisogni fondamentali per garantire alla popolazione palestinese un’esistenza dignitosa. È grazie ad alcune di queste associazioni che è stato possibile intraprendere questo viaggio.
Moschea sul litorale di Sidone
6 Ottobre 2022
"Annie Ernaux, sostenitrice del BDS (Boycott, Divestment and Sanctions), ha ricevuto il premio Nobel per la letteratura. Nel 2019 ha firmato una petizione chiedendo il boicottaggio dell 'Eurovision in Israele; un anno prima aveva sottoscritto una petizione chiedendo di cancellare l'esibizione della compagnia di ballo israeliana The Batsheva Dance Company in Francia." www.ynetnews.com
12 Settembre 2022
"La questione palestinese è dunque una questione molto spinosa che dura da moltissimo tempo nel silenzio quasi totale della comunità internazionale al servizio del governo israeliano."
Mirca Garuti (Palestina - La patria negata)
"Forse la differenza principale tra l'apartheid in Sudafrica e l'apartheid nei territori occupati palestinesi è che gli intenti discriminatori sono decisamente più chiari nel primo [...] Argomentazioni oneste sul conflitto israelo-palestinese rappresentano un taboo, che potrebbe comportare l'accusa di antisemitismo."
John Dugard (Moment of Truth)
Dopo l'ennesimo ritardo aereo, ormai ci sono abituata, metto piede per la prima volta in Libano all'aeroporto internazionale, dedicato alla memoria del tycoon e primo ministro Rafic Bahaa El Deen Al Hariri, responsabile degli accordi di pace noti come Taif Agreement (1992), che provarono a porre fine alla guerra civile libanese, e che fu assassinato nel 2005 presumibilmente da un commando di Hezbollah, o forse da sicari siriani.
Il viaggio è stato un po' agitato. La giovane mamma di due gemelli seduta accanto a me non trovava pace tra fazzoletti, biberon e il suo velo nero elegantissimo che continuamente tentava di fermare dietro il collo e che regolarmente mi sbatteva in faccia. Mi ha fatto ricordare la ragazzina afghana Parastu, che un paio di anni fa durante la lezione di ripetizione di matematica si tormentava tutto il tempo con il suo Shayla che di stare fermo non ne voleva sapere. La mamma libanese, ma residente in Germania, dopo avermi chiesto il cambio di posto vicino al finestrino, a un mio rifiuto ha iniziato a invadere lo spazio sotto la poltrona con borsone al seguito. Per fortuna, dopo aver notato il mio libro di lingua tedesco-arabo, abbiamo fatto amicizia, si fa per dire, e per un attimo è calata la tensione. Faccio qualche foto in prossimità dell'atterraggio. La città si presenta sfumata di giallo e oro, segno di un incessante inquinamento atmosferico. Decisamente molto affascinante e la mia curiosità, mista ad ansia, è in costante aumento.
Si scende dall'areo in fretta e subito mi trovo catapultata dentro la lunga fila di visitatori stranieri per il controllo passaporto. Una ragazza mi chiede con voce timida se mi funziona il wi-fi e io le mostro come fare. Ecco il mio turno, con fare deciso tolgo la mascherina anti-Covid e alle domande di routine del soldato, se sono in vacanza e dove soggiorno, aggiungo che è mia intenzione perfezionare l'arabo. Velocemente vengo invitata a spostarmi e mi dirigo a recuperare il trolley al nastro bagagli. Purtroppo è in ritardo anche l'areo proveniente da Milano, con alcuni delegati svizzeri che partecipano alla settimana organizzata dall'associazione Per non dimenticare Sabra e Chatila. Non vedo il nostro autista, non è arrivato. Sto in contatto via whatsapp con gli altri compagni e improvvisamente l'ora gratuita di internet finisce e cosi uso il credito ancora disponibile. Finisce anche quello! All'improvviso vedo un tizio alto e magro con un foglio bianco in mano e il mio nome completo scritto in caratteri cubitali. Un sospiro di sollievo. L’autista mi invita a stare seduta sulla panca di fronte agli arrivi. Meglio, cosi evito le continue richieste dei tassinari abusivi a ridosso dell'uscita.
Arrivata la parte della delegazione, veniamo caricati nel pulmino, che attraversa la città quasi completamente al buio, segnale poco rassicurante della crisi energetica in atto, costeggia il mare, invisibile, raggiungendo l'hotel situato nel quartiere Hamra. Presa la stanza, mi presento agli altri delegati, con cui vado a mangiare cucina locale, iniziando cosi questa avventura che si rivelerà piuttosto impegnativa e ricca di nuove emozioni.
Beirut - Ristorante nel quartiere centrale Hamra
7 ottobre 2022
"Il fotoreporter palestinese, Hosam Salem, è stato licenziato dal New York Times per i post sui social media in cui esprimeva sostegno alla resistenza palestinese contro l'occupazione israeliana."
Olive Palestine
13 settembre 2022 (giorno)
"Il mattino del 15 settembre le prime unità delle IDF entrarono nella zona araba di Beirut Ovest. Altre truppe arrivarono in aereo all'aeroporto, altre via mare. L'avanzata non trovò grandi impedimenti, i siriani e l'OLP erano andati via il mese prima. Sharon incontrò Fadi Frem, Hobeika e gli altri comandanti della Falange per coordinare l'azione imminente dentro i campi. Parlò di uccidere i terroristi: ‘Non voglio che ne rimanga neanche uno!’ Hobeika chiese: ‘Come li individui?’."
Benny Morris (Righteous Victims-A history of the Zionist-Arab Conflict, 1881-2001)
Dopo una più che abbondante colazione intercontinental, veniamo caricati su un pulmino Mitsubishi coi sedili ricoperti di cellofan, che ricorda il salotto buono di nonna, in una giornata che si prospetta eccitante e ignota (alcuni appuntamenti sul programma non sono ancora precisati); sicuramente caldissima! Sebbene alla fine del viaggio mi ritrovi con ben 4 programmi in italiano e inglese, non guardo l'agenda e mi lascio sorprendere, un po' per la mia atavica pigrizia, un po' per non rovinare lo spirito avventuriero insito in un’esperienza di questo tipo, lasciandomi dondolare sullo stretto seggiolino con poca aria condizionata e con continue lamentale dei delegati, tra chi vuole il finestrino aperto e chi lo vuole chiuso. Reminiscenze di gite scolastiche spensierate da adolescenti. Importante non perdere il senso dell'umorismo!
La prima tappa è decisamente tough: il famoso campo profughi di Chatila, situato dentro la municipalità di Ghobeiry a sud di Beirut, una sorta di enclave, un mondo a parte originariamente istituito dal Comitato Internazionale della Croce Rossa per i rifugiati palestinesi nel 1949, provenienti dai villaggi della zona di Amka, Majd al-Krum e Yajur nel nord della Palestina. Ospita in un chilometro quadrato circa 20 mila abitanti, di cui solo la metà registrati. Dallo scoppio della guerra civile siriana nel 2011, il campo ha accolto un gran numero di profughi palestinesi, aumentando così la densità della popolazione.
Durante la guerra civile libanese (1975-1990) accadde uno degli episodi più drammatici, che senza dubbio rappresenta la ferita più profonda inferta al popolo palestinese in territorio libanese; l'atroce massacro di Sabra e Chatila del 1982, che conta l'uccisione e la sparizione di circa 3.000 civili e 5.000 dispersi, per lo più palestinesi e sciiti libanesi, nel quartiere di Sabra nel sud di Beirut e nel vicino campo profughi di Chatila dalle 18:00 circa del 16 settembre alle 8:00 del 18 settembre 1982. L'azione criminale fu pianificata ed eseguita come vendetta a seguito dell'uccisione il 14 settembre del 1982 (da parte di Habib Sartouri del Partito Nazionalista Sociale Siriano), del presidente libanese appena eletto Bachir Pierre Gemayel (fondatore del partito cristiano conservatore Kataeb), da parte degli "Young Men", una banda reclutata dal maronita Elie Hobeika, capo dell'intelligence delle forze libanesi e ufficiale di collegamento con il Mossad, il servizio segreto estero dello stato di Israele, assieme a uomini che erano stati espulsi dalle forze libanesi per insubordinazione o attività criminali, con il sostegno esterno delle IDF, le forze armate israeliane comandate da Ariel Sharon. L'azione criminale resta ancora piuttosto oscura nei suoi accadimenti e ha dato addito a diverse interpretazioni e ricostruzioni, riportate nella vasta letteratura disponibile, sulle reali motivazioni che hanno mosso i falangisti libanesi coperti dai militari e dai servizi segreti israeliani.
Il campo ha una densità di popolazione eccezionalmente alta. L'UNRWA vi gestisce un centro sanitario e due scuole primarie. Le organizzazioni non governative attive nel campo includono Al-Najda, Beit Atfal Al-Soumoud, Norwegian People's Aid, Medici senza frontiere, la Mezzaluna rossa palestinese e l'Associazione Najdeh.
Chatila è un dedalo di strette vie sudice e mal asfaltate, che si affacciano su alcune arterie più ampie, zeppe di negozi di alimentari, di abbigliamento, di utensili casalinghi e diverse officine. Vecchie auto, carretti autocostruiti e scooter si affrettano a velocità inadeguata, aumentando il caos rumoroso del campo, dove cumoli di immondizia, abbandonata da giorni, ormai in via di evaporazione, si alternano a grosse pozzanghere d’acqua nera, rendendo le strade di difficile percorrenza e pericolose per i numerosi bimbi trasandati e con ai piedi ciabatte consumate che agli angoli degli incroci improvvisano giochi con a disposizione qualche bilia e pistole ad acqua. I loro sorrisi curiosi e i loro occhi profondi di tenera paura e di profonda dignità restano scolpiti nella memoria. Alcuni mi chiedono di giocare con loro a un biliardino scassato in mezzo alla via, altri si mettono in posa davanti alla videocamera. Un gatto rosso si avvicina tentennante e all'improvviso si apre davanti a me una scena orribile: uno spiazzo enorme, dove forse una volta era eretta una palazzina, ricolmo di spazzatura funge da prato poco commestibile per un paio di mucche e capre che, in maniera innaturale, sopravvivono a condizioni di vita indegne. Un senso di imbarazzo. Sono consapevole di essere un’occidentale privilegiata che impotente assiste a questo invivibile degrado. Penetrando nel campo, i numerosi fili elettrici e di internet incrociati ai tubi di acqua e gas, sospesi in aria, si intrecciano sopra le nostre teste formando matasse impossibili da disfare e raccontandoci di condizioni criminali, che provocano morti ogni anno per l'ovvia mancanza di rispetto delle condizioni minime di messa in sicurezza del sistema di illuminazione.
Gli appartamenti sovraffollati, costruiti come un tetris gigante senza fondamenta a creare grattacieli di cemento e mattoni di scarsa qualità, asfissiano le stradine già strettissime, togliendo forzatamente quel poco di aria salubre che si riesce a respirare. A parte alcune case con entrata sulla via, la maggior parte delle abitazioni si srotolano su scale fatiscenti di cemento scoperto, difficili da affrontare, senza passamani, che si affacciano su profondi abissi, nudi e mortali, anche questi ricolmi di buste colorate con resti di cibo e scatolame, abbandonati da chissà quanto tempo.
Beirut - Campo profughi di Chatila presso la municipalità di Ghobeiry
Raggiungiamo con la squadra di giovani dell'associazione Beit Atfal Al-Soumoud - BAS (La Casa dei figli della resistenza) il memoriale della strage di Sabra e Chatila. A seguito di un breve intervento della presidente, la dottoressa Najla Bashour, verrà posta una corona di fiori, in questo anno speciale che commemora i 40 anni dal massacro. La piccola sala monumento è addobbata con bandiere e foto dei martiri uccisi durante la Guerra dei Campi (19 maggio 1985-luglio 1988), quando durante il conflitto civile il presidente siriano Hafez al-Assad, per scongiurare ulteriori attriti con Israele, con l'ausilio della potente milizia sciita Amal, comandata da Nabih Berri, tentò di cacciare lo schieramento di Arafat sostenuto dai comunisti e da Hezbollah, presenti soprattutto nei campi a sud del Libano. Ogni campo in territorio libanese porta ancora le ferite di questi crimini, tuttora impuniti.
Veniamo scortati in direzione della scuola, prima sede storica del BAS, dove la presidente ci ricorda che Stefano Chiarini, giornalista del quotidiano di sinistra Il Manifesto fondatore dell'associazione Per non dimenticare il massacro di Sabra e Chatila, e l'esperto di Medio Oriente Maurizio Musolino (morto anche lui prematuramente e che proseguì la preziosa opera di solidarietà ai rifugiati palestinesi in Libano), sono stati omaggiati con una veglia presso il cimitero di Chatila rispettivamente nel 2007 e nel 2017.
Quadro che ritrae Stefano Chiarini e Maurizio Musolino, i due giornalisti dell'Associazione Per Non Dimenticare
L'associazione BAS è nata il 12 agosto 1976 dopo la distruzione del campo di Tel al-Zaatar (Collina del Timo) a seguito di un assedio, durato 52 giorni, compiuto dai falangisti e dalle milizie cristiane (Kataeb e i Guardiani dei cedri) sostenuti dall'esercito conservatore siriano, che combatterono contro le forze della resistenza palestinese comandate dall'OLP di Yasser Arafat e affiancate dal Partito Socialista Progressista del druso Kamal Jumblatt, dai militanti di Avanguardie per la guerra popolare di liberazione - Forze di al-Ṣāʾiqa, formazione legata al Partito Bath Arabo Socialista siriano.
L'assedio del campo, amministrato dall'UNRWA, si concluse con il massacro di almeno 1.500 persone. È uno dei campi più antichi e più grandi del paese. L'eccidio di Tel al-Zaatar è stata la prima occasione di un massacro di profughi nello stato libanese. Ciò ha favorito le questioni relative alla vulnerabilità del popolo palestinese in Libano. L'assedio permise a Bachir Gemayel di rafforzare la sua posizione di capo del Comando militare unificato delle milizie del fronte libanese.
L' ex-presidente di BAS Mr. Kassem Aina e altri dell’associazione riuscirono a portare in salvo 200 bambini orfani di genitori uccisi durante l'assedio, dandogli un primo aiuto e assistenza, creando la prima famiglia allargata fulcro del centro. Adesso che sono adulti – e molti di loro vivono all'estero – ritornano sempre a visitare la scuola, dove impararono a vivere una condizione esistenziale di vita allargata dignitosa e produttiva. Lo scambio emozionale tra i bimbi e gli operatori del centro fa bene a entrambi. Adesso hanno 89 bimbi presso l'asilo, alcuni dei quali in condizioni psicologiche e sociali molto critiche. Inutile sottolineare che l'azione giornaliera di attività didattiche e creative da parte di operatori del centro, si muove dentro la convinzione indiscutibile della necessaria alternativa alla difficile vita nel campo e dell'Importanza nel costruire un modello pedagogico votato alla solidarietà e al mutuo appoggio.
Dopo una veloce visita alla scuola, sede operativa dell'associazione, che si articola su 5 piani con aule di varie dimensioni e servizi igienici, ci dirigiamo in vari gruppi a visitare alcune famiglie di sopravvissuti al massacro del 1982 e, con doveroso rispetto, entriamo in una casa del campo, sospesa al piano più alto della palazzina, dopo aver percorso le scale vertiginose di cemento che affacciano su un buco pieno di sporcizia. Chiediamo alla guida se dobbiamo togliere le scarpe, la padrona di casa si affretta a lasciarci entrare e ci invita cortesemente a prendere posto nella piccola sala arredata spartanamente da un paio di divani e un tavolino. Alla parete un elegante quadro con intarsi dorati che cita un passo ovviamente in arabo da una sunna del Corano, addobbo immancabile anche nelle abitazioni più povere. La signora dal volto bonario, attraversato a tratti da una velata tristezza che appesantisce lievemente gli angoli dalla bocca, appare felice e decisamente orgogliosa di raccontarci la sua storia di madre 17enne durante il massacro:
"Ad un certo punto a metà settembre del 1982 nella stessa casa dove ci troviamo adesso, arrivò qualcuno ad avvertirci di andare via velocemente. Alcuni andarono via immediatamente, mentre altri membri della famiglia rimasero. Chi rimase, non possedendo armi, usò utensili domestici per difendersi dall'attacco dei falangisti. Alcuni riuscirono a raggiungere la struttura sanitaria nota anche a livello internazionale come Gaza Hospital nel quartiere di Sabra, trovando rifugio grazie anche alla presenza di medici stranieri, che da anni offrivano aiuto ai residenti del campo. Chi stava fuori si ritrovò circondato sia dai falangisti che dagli israeliani. Per 3 giorni ci fu l'assedio. Gli uomini restarono nel campo, alcune donne e bimbi riuscirono a uscire. Quelli che purtroppo non riuscirono a scappare rimanendo dentro non furono risparmiati dalla furia assassina dei soldati! Io durante l'assedio e il conseguente massacro ho perso 8 membri della famiglia, alcuni non sono stati mai ritrovati. I primi a entrare nel campo dopo il massacro furono quelli della Croce Rossa, a cui ho chiesto aiuto per trovare i miei familiari. Chi ha commesso questo crimine secondo me era sotto effetto di potenti sostanze psicotrope, dovendo eseguire ordini indicibili dall'alto, con una buona motivazione, non si è risparmiato nel dover adempiere al suo dovere. Ho visto poi in strada i cadaveri, quelli che i falangisti non sono riusciti a far sparire nonostante l'uso indiscriminato di fosse comuni e bombe a mano. Il riconoscimento non fu possibile in alcuni casi. Dopo il massacro durato 3 giorni arrivarono i primi giornalisti con le telecamere. Alcuni sapevano che si stava preparando un attacco, ma fu sottovalutato! Ci stava un medico italiano, unico rimasto delle delegazioni internazionali che lavorava durante il massacro e che ha aiutato molti di noi. Ricordo che anche il Gaza Hospital fu fatto evacuare e ancora oggi esiste come struttura fatiscente che dà alloggio ad alcune famiglie del campo."
Beirut - Campo profughi di Chatila
Il caldo si fa insopportabile, verso la metà del giorno e con un peso nel cuore e gli occhi umidi ci avviamo dentro il dedalo delle strette vie del campo verso un’altra abitazione dove un’altra donna, che durante il massacro era ancora minorenne ma già madre, ci racconta dell'orrore che ha subito. Attaccata dai soldati viene ferita gravemente, dopo 14 ore lasciata a terra sanguinante viene finalmente soccorsa e condotta in ospedale, dove le amputano la gamba sinistra ormai maciullata dalla furia dei falangisti. Ancora oggi indossa la vecchia protesi che le consente di camminare, ma non le impedisce di zoppicare. Racconta: "Avevo 17 anni e un figlio neonato, e sulla strada, dopo che un mio cugino ci avvertì dell'attacco, stavo rischiando di morire dissanguata, per fortuna, sono stata soccorsa in tempo." E mentre con soddisfazione ci mostra la protesi regalatale da un’associazione benefica, guarda con affetto la foto incorniciata del marito cieco, che sopravvissuto anche lui al massacro, è deceduto per malattia qualche anno fa. Prima di andare via, chiedo ai ragazzi dell'associazione BAS perché a Chatila ci sia cosi tanta immondizia, aggiungendo che la raccolta potrebbe dare anche lavoro a chi vive nel campo. Mi risponde Yusef, spiegandomi che purtroppo a causa della corruzione del Comune e delle ditte che dovrebbero svolgere il servizio, la raccolta viene finanziata parzialmente e viene svolta saltuariamente con personale ridotto e con stipendi insufficienti. Inoltre, solo una ONG svedese ha attivato nel campo un promettente progetto di raccolta differenziata che è in funzione da appena un anno.
12 ottobre 2022
"Il Libano afferma che l'esplorazione del gas richiederà tempo, mentre Israele sostiene un accordo marittimo ‘urgente’. Il primo ministro Yair Lapid ha affermato che il suo governo ha approvato l'accordo a larga maggioranza e ha insistito sul fatto che ‘questo accordo allontana la possibilità di uno scontro militare con Hezbollah’. Il suo principale sfidante Benjamin Netanyahu ha affermato che la bozza di accordo potrebbe finire per avvantaggiare Hezbollah, il cui leader Hassan Nasrallah ha detto martedì sera che ‘quando il presidente dichiarerà la posizione ufficiale libanese, allora la missione sarà compiuta. Fino ad allora dobbiamo restare vigili’.”
Jami Prentis (The National News)
13 settembre 2022 (sera)
“Le mosche sono imparziali. A loro non importava minimamente che i corpi lì fossero stati vittime di omicidi di massa.”
Robert Fisk (Pity the Nation - Lebanon at War)
In serata raggiungiamo il Crowne Plaza Hotel, ubicato proprio dietro il nostro albergo, dove si tiene l'incontro con il professore Ziad Abded Samad, direttore di ANND (Rete delle ONG Arabe dello Sviluppo) che collabora con diversi paesi arabi, con le associazioni non governative palestinesi, sia in Palestina che in Libano, e lavora inoltre con 30 associazioni culturali e politiche interessate a migliorare e sviluppare nei paesi arabi e del Medio Oriente processi di democratizzazione e istituzionalizzazione dei diritti umani e civili, per giunta si occupa dello sviluppo regionale della realtà palestinese. Mr. Kassem, che presiede la conferenza, è il responsabile del coordinamento della rete palestinese in Libano.
L'autorevole discorso del professore si addentra nelle problematiche geopolitiche della regione, sostenendo che i paesi arabi attraversano un momento difficile e complesso che purtroppo mette in serio pericolo le attività di monitoraggio e intervento dell'associazione a tutti i livelli. Il Libano si trova al centro di interessi e cambiamenti internazionali, economici e politici per via delle sue risorse petrolifere e di gas naturale. Questo lungo processo di cambiamento è iniziato nel 2010 con il movimento delle cosiddette Primavere arabe che attraverso manifestazioni, rivolte civili e scontri anche violenti chiedeva in sostanza miglioramenti nella vita sociale, economica e politica e un cambio di governance nei paesi coinvolti. Insomma la protesta pretendeva la caduta delle dittature e l'istituzione attraverso il voto di un parlamento democratico, capace di porre fine alle lotte intestine tra fazioni, clan, partiti: per esempio in Siria e Yemen. Il ritorno delle dittature in Egitto e Tunisia ha affossato il movimento con consistenti modifiche alle costituzioni. Questi repentini cambiamenti repressivi hanno fatto regredire le condizioni di vita di paesi come il Libano, che sta subendo un crollo istituzionale, economico e sociale mai avuto prima. Si vuole dividere le comunità per controllare meglio le risorse territoriali. La crisi libanese, che coinvolge la popolazione soprattutto a livello economico, non ha precedenti nella storia del paese, che dai fasti degli anni '60, che contribuirono a coniare l'appellativo per Beirut della Parigi del Medio Oriente, si è passati attraverso la guerra civile degli anni '70 culminata con l'occupazione feroce di Israele nel 1982 e con la cacciata, questa sì vittoriosa per Hezbollah, dell'eterno nemico ebraico. Da sempre il Libano è stato martoriato da conflitti interni tra le diverse fazioni in lotta per la conquista del potere, in un arco parlamentare che è rappresentato da partiti di sinistra marxisti passando per i liberali fino all'estrema destra, dal laicismo di molti fino al partito islamista considerato terrorista da Israele, USA e UE: Hezbollah. Purtroppo anche negli altri paesi arabi le forze democratiche sono arretrate a favore di quelle tradizionaliste e islamiste. Un esempio è rappresentato dal Sudan, dove le forze popolari e civili sono attaccate dalle milizie finanziate da paesi arabi dittatoriali che ostacolano con la forza ogni deriva di stampo democratico, violando costantemente i diritti umani. Oppure l'Algeria, dove è ritornata al potere una compagine autoritaria di stampo dittatoriale. Il controllo dei gruppi religiosi ha indebolito i movimenti popolari al cui interno faide e divisioni imperano, rallentando il cammino verso un autentico cambiamento democratico.
Beirut - Downtown
Ziad Abded Samad spiega inoltre che l'annosa polarizzazione tra gli Stati Uniti e la Cina (questione di Taiwan; mercato dell'elettronica appannaggio principalmente cinese) condiziona la politica libanese da sempre sotto il controllo politico ed economico degli americani interessati a posizionarsi in maniera acritica verso Israele, per non deteriorare i rapporti diplomatici di normalizzazione con i Paesi Arabi. Questa strategia sospesa dei governi statunitensi rafforza le diatribe interne in Libano. Altro aspetto di importanza strategica in questa fase storica è rappresentato dalla guerra russa in Ucraina, volta principalmente a contrastare l'allargamento territoriale degli USA nell'Europa orientale. Il presidente Biden, interessato a vendere il gas americano e di altri paesi alleati, utilizza in chiave propagandistica l'invasione di Putin in territorio ucraino per boicottare le forniture energetiche russe in Europa. In questa cornice si inserisce la contesa territoriale sullo sfruttamento del gas di fronte alla Palestina tra Libano e Israele, riconsiderando i confini marittimi. Il gas palestinese potrebbe fornire energia alternativa all'Europa. Le grosse quantità di gas e il loro sfruttamento sono motivo di contrasti sul controllo territoriale e sulla nuova definizione dei confini marittimi tra Israele e Libano. Hezbollah e Iran utilizzano la contesa sul gas palestinese infuocando ulteriormente l'annoso conflitto USA/Israele e Iran sulle testate nucleari e il controllo territoriale nel Medio Oriente. L'Europa dal canto suo spinge per la chiusura di un accordo tra le parti, per lo sfruttamento delle risorse energetiche nel bacino levantino del Mediterraneo per diversi obiettivi:
1. investimenti europei miliardari per le concessioni e autorizzazioni di estrazione all'Iran;
2. contrastare lo strapotere economico cinese nel Mediterraneo e in Africa (nonostante gli accordi firmati Iran-Cina per controllo e trasporto delle risorse nei porti e aeroporti);
3. utilizzo strategico del gas iraniano come alternativa al monopolio russo per risolvere la crisi energetica;
4. fermare la collaborazione Iran-Russia, avviata già dai tempi della guerra in Siria e con ripercussioni nella attuale guerra in Ucraina (polarizzazione che non sappiamo come si svilupperà).
per lo sfruttamento delle risorse energetiche tra Libano e Israele
Alla domanda di Flavio Novara, coordinatore dell'associazione Per Non Dimenticare, se gli accordi governativi libanesi sullo sfruttamento energetico all'interno dei confini della linea 23 siano importanti per Italia ed Europa, il professore risponde che il governo libanese ha più volte segnalato un errore nella procedura di demarcazione dei confini marittimi. Si dovrebbe partire dai confini geografici del 1948 e arrivare alla linea 29. La linea 23 invece parte 15 metri lontano dalla costa e questa misurazione è fortemente contestata! Infatti in questo modo il Libano perde più di 80 miglia di mare. Attraverso la linea 23 passa il giacimento di Kaana, conteso con Israele e che si ipotizza avere una grossa quantità di gas da estrarre. Perciò il Libano, accettando il limite imposto dalla linea 23, chiede l'autorizzazione a sfruttare in toto il giacimento di Kaana. In base agli accordi coordinati dagli USA, la compagnia petrolifera francese Total dovrebbe ridistribuire il gas a ridosso della linea 23 come se appartenesse a entrambi gli stati. E su questo il Libano non concorda. L'esperto ci rassicura sul rischio di una guerra tra Libano e Israele, affermando che non è interesse dei due paesi infiammare la diatriba. Si richiede pertanto un’ulteriore pressione diplomatica americana ed europea per una soluzione. Questo tema fa parte delle note trattative nucleari tra USA e Iran. Per concludere sottolinea come le manovre politiche di normalizzazione da parte di Israele influiscano pesantemente sulle condizioni economiche ed esistenziali dei palestinesi sia in Libano che nel Territorio Occupato. Conseguenze particolarmente evidenti sono: il consistente allargamento degli insediamenti coloniali nel deserto del Negev e in Cisgiordania, che sono vietati da diverse risoluzioni ONU e in contrasto con le leggi internazionali; la decisione di Donald Trump di spostare l'ambasciata americana a Gerusalemme, dopo aver chiuso l'ufficio OLP a Washington; l'escalation delle tensioni sociali a Nablus. Israele tesse proficui rapporti economici con i Paesi arabi, che di fatto sono dittature teocratiche dove i diritti civili e umani non sono tutelati e la libertà di espressione viene repressa duramente, per costruire una pace fittizia, mentre viola il diritto internazionale segregando i palestinesi della striscia di Gaza, in un territorio sovraffollato considerato il più grande carcere a cielo aperto del mondo. Il popolo palestinese si trova tra l'incudine dell'assedio israeliano e il martello repressivo della Autorità Nazionale Palestinese. Durante l'intifada del 2021 i palestinesi hanno reagito con forza portando la lotta a livello internazionale per contrastare il regime ebraico. Purtroppo la lotta e le rivolte nel Territorio Occupato vengono represse nel sangue, considerando anche i numerosi arresti o la recente vigliacca uccisione della giornalista di Al Jazeera Sheeren Abu Akleh da parte di un cecchino dell'esercito israeliano. A questo si aggiunge la richiesta anche agli stati europei di messa al bando per terrorismo di 6 ONG palestinesi da parte di Israele, incluso l'inasprimento dei dazi e delle tasse per queste organizzazioni così da inficiare il loro lavoro di solidarietà nell'alveo dei diritti umani. Israele raccoglie gli aiuti ai palestinesi e trattiene il 3% sotto forma di dazi e tasse. In particolare controlla il ponte che collega la Giordania alla Cisgiordania. I palestinesi devono restare uniti se vogliono difendere i loro diritti e contrastare questa polarizzazione mondiale faccndo pressione internazionale a tutti i livelli. È necessario e vitale! Costruire la pace e la giustizia necessita della solidarietà internazionale.
28 ottobre 2022
"LIBANO-ISRAELE. Firmato l’accordo sui confini marittimi. Beirut: non è ‘normalizzazione’. Sedute in stanze separate, le delegazioni libanese e israeliana hanno consegnato i loro documenti all’inviato dell’Amministrazione Usa, Amos Hochstein che ha mediato i negoziati. Poche ore prima il presidente libanese Michel Aoun aveva firmato il testo dell’accordo, altrettanto ha fatto il premier israeliano Yair Lapid. Delimitato il confine marittimo, i due paesi possono sfruttare nelle proprie acque i giacimenti di gas Karish, che ricade nella zona economica esclusiva di Israele, e quello di Cana che in buona parte sarà sfruttato dal Libano. Lo Stato ebraico riceverà una parte dei ricavi di Cana dalla francese Total incaricata dal governo di Beirut di avviare le esplorazioni del sito."
Michele Giorgio (Pagine Estere)
14 SETTEMBRE 2022 (mattina)
"Non ci sono solo differenze storiche e religiose significative tra gli ebrei laici, ma anche scontri aspri nella comunità sul significato di termini come giustizia, uguaglianza e la critica alla violenza statale e coloniale. [...] sicuramente non è anti-ebraico o antisemita offrire una critica alle forme istituzionalizzate di violenza istituite e mantenute dal potere sionista (che include l'esodo forzato dei palestinesi nel 1948, l'occupazione dei territori nel 1967, e la ricorrente confisca delle terre, con la costruzione del muro e l'espansione delle colonie)."
Judith Butler (Parting Ways - Jewishness and the Critique of Zionism)
Anche oggi sveglia al mattino presto, chiacchiere a colazione e via sul pulmino verso il sud dove a Sidone è previsto l'incontro con l'onorevole Osama Sa'ad del Popular Nasserist Organization, fondato nel 1973 dal padre, assassinato dall'esercito libanese durante uno sciopero dei pescatori al porto.
L'evento si tiene di fronte alla sede del partito, che non ha elettricità poiché, sostiene l'onorevole, i governanti non sono capaci di garantire i bisogni minimi per la popolazione di Sidone come luce, acqua e assistenza sanitaria. L'80% delle famiglie non riceve sufficienti aiuti alimentari; i bambini non possono accedere alle scuole, che per la maggior parte sono privatizzate e molto costose, considerando che il paese sta attraversando una crisi economica e sociale mai vista prima. L'inflazione impedisce un qualsiasi miglioramento delle condizioni lavorative, poiché la lira libanese non vale praticamente niente con un cambio debolissimo sui mercati internazionali, se si considera che un dollaro costa circa 35 mila lire. A questo si aggiunge la corruzione dilagante tra le fazioni politiche, in particolare quelle confessionali e islamiste.
Molto significativa a detta del politico è stata la manifestazione di protesta del 17 ottobre 2019, quando i libanesi scesero in piazza per protestare contro il caro vita, chiedendo con forza l'unità popolare contro le divisioni politiche, confessionali e territoriali, insistendo sull'abbattimento di un sistema istituzionale, ormai inefficace, tormentato da lottizzazioni interne che rallentano la costruzione di un assetto democratico capace di fare fronte alle esigenze minime della popolazione. Ribadisce inoltre che i politici corrotti devono pagare le conseguenze di questo sfacelo. Il partito nasseriano sostiene queste istanze e lotta per garantire istruzione e lavoro, sviluppando politiche sociali rivolte principalmente alla parte giovane della popolazione, che necessita di interventi volti a risolvere il problema della casa, contro l'aumento del costo della vita, contro la disoccupazione, a favore di leggi mirate che assicurino i servizi essenziali, come l'assistenza sanitaria e i contributi sociali per gli anziani, attraverso la costituzione di uno stato moderno, adeguato nell'amministrazione e trasparente nell'organizzazione. Nonostante la dura repressione da parte del governo attraverso le forze di polizia, lo spirito rivoluzionario persiste e resiste contro le avversità della vita quotidiana. Alle elezioni del 2021, le liste civiche presentate dai manifestanti hanno ottenuto solo 3 seggi in parlamento. L'organizzazione nasseriana è da sempre attiva per aumentare la coalizione democratica in contrasto con i partiti e i gruppi confessionali al potere.
Apprendiamo che la città di Sidone ha rappresentato l'avamposto principale della resistenza libanese durante la guerra civile contro l'invasione israeliana nel 1975, riuscendo a liberare il territorio. 40 anni fa in questi giorni nasceva il Fronte Libanese di Liberazione. L'onorevole ricorda i martiri di Sabra e Chatila, l'orrore della guerra contro Israele, gli odiosi lacchè falangisti, i numerosi combattenti libanesi e palestinesi massacrati nella città e nei dintorni, la resistenza islamica che con determinazione ha liberato Beirut e tutto il Libano.
Dopo il discorso accorato dell'onorevole Sa'ad prende la parola la compagna Mirca Garuti del comitato Per Non Dimenticare e aggiunge importanti informazioni sulla città di Sidone e la resistenza libanese, sottolineando come la città sia stata sempre molto importante per gli equilibri politici del paese, accogliendo i profughi palestinesi già dal 1948 a seguito della Nakba, riconoscendo al partito nasseriano la volontà di affrontare la questione palestinese nei sui programmi politici, nella partecipazione solidale alle rivolte palestinesi già dai tempi del mandato britannico e poi francese. Viene ribadito che con la nostra presenza a Sidone, in concomitanza degli eventi in ricordo del massacro di Sabra e Chatila, siamo onorati di poter commemorare il padre dell'onorevole Ma'arouf Sa'ad, fondatore del partito nasseriano libanese che ha combattuto il colonialismo diventando eroe nazionale della resistenza araba.
Sidone - Monumento dedicato a Ma'arouf Sa'ad
A fine del dibattito ci spostiamo nel vicino monumento al padre pescatore. Posa di una corona di fiori; diverse foto di rito a ridosso di una strada dove le macchine sfrecciano senza sosta. Una breve pausa e partiamo alla volta del carcere di Khiam.
Il caldo è quasi insopportabile, appiccicata al finestrino, faccio qualche minuto di ripresa con la videocamera, osservando le numerose costruzioni incomplete di cemento, giganteschi funghi solitari su colline montagnose bruciate dal sole, possibili ville in stile arabesco, dal gusto discutibile, simboli di una ricchezza più ostentata che reale. Attraversiamo piccoli centri urbani estesi sull'unica strada percorribile, piuttosto scomoda, dall'aspetto vagamente retrò che suggerisce scenari tipici dell'Italia meridionale e del Far West d'oltreoceano. Cartelloni e banner pubblicitari si contendono lo spazio aereo con enormi faccioni barbuti di politici e martiri della resistenza libanese. Stiamo percorrendo l'estremo sud del paese, roccaforte del partito islamista Hezbollah; donne camminano veloci, coperte dalla testa ai piedi dal burka rigorosamente nero, seguite da frotte di bimbi impazienti ai bordi della strada; officine meccaniche aperte; cantieri e negozi di arredamenti si susseguono senza offrire alternative. A un certo punto Bassam ci segnala sulla destra la fortezza di Beaufort, costruzione diroccata su un’altura, roccaforte di Fatah, il gruppo politico maggioritario dentro l'OLP, durante l'invasione del 1982 da parte delle IDF; durante la battaglia per la conquista del sito a seguito di un feroce assedio sterminarono quasi tutti i 21 combattenti palestinesi asserragliati, non senza avere subito qualche perdita. Il corpo del comandante palestinese, Ya'qub Sumour, è stato ritrovato solo nel 2004, diversi anni dopo il ritiro israeliano dal sud del Libano, insieme a Mohammad Abu Saleh, un combattente di Fatah di origine yemenita. Entrambi furono sepolti con tutti gli onori militari nel campo profughi palestinese di Ain al-Hilweh. La fortezza è stata in parte distrutta e nonostante sia un sito di interesse storico e turistico, in mancanza di sovvenzioni per la tenuta in sicurezza, resta comunque un posto pericoloso data la presenza di mine inesplose.
Il percorso si presenta piuttosto lungo e faticoso con i pulmini che arrancano su una via piena di buche e di curve. Io inizio a sentire insofferenza, ricordo le gite da bambina in Sardegna, quando con la famiglia raggiungevamo la Costa Smeralda, per visitare i nonni e regolarmente mio padre doveva fermarsi, perché il mio stomaco non resisteva ai numerosi tornanti.
Finalmente raggiungiamo il carcere su una spianata sterrata polverosa e infuocata, acqua e succhi di frutta ci vengono gentilmente offerti dal rappresentante di Hezbollah, che ci raccoglie a ridosso dell'entrata del sito e ci racconta la terribile storia di Khiam, non senza arricchirla di scontate ma condivisibili considerazioni propagandistiche antisioniste.
Carcere di Khiam - Libano meridionale
Il carcere era controllato dalla milizia del South Lebanon Army, che dopo il 1979 operò sotto il comandò del cosiddetto Governo del Libano del Sud Liberato di Saad Haddad. Sostenuta totalmente da Israele durante il conflitto del Libano meridionale (1982-2000), ha commesso torture e crimini indicibili contro tutti i combattenti di ogni gruppo e schieramento politico libanese e palestinese. Dopo che la resistenza libanese ha liberato Khiam nel 2000 a seguito della riconquista del territorio meridionale, nel 2006 Israele ha bombardato il sito per vendetta e per cancellare ogni traccia degli orrori commessi durante la guerra civile. Durante la liberazione del campo di prigionia, i collaborazionisti restarono nel campo non essendo stati salvati dagli israeliani, e i loro nomi sono ricordati su una parete sul lato sinistro dell'entrata alla prigione.
Carcere di Khiam - Elenco dei collaborazionisti libanesi
Hezbollah ha costantemente collaborato con i palestinesi che stavano al confine e quando venivano organizzati scambi di prigionieri con gli israeliani venivano liberati non solo i combattenti libanesi ma anche i guerriglieri dell'OLP.
Il politico racconta la storia del martire Samir Kantar, la cui liberazione è stata concordata da Hezbollah con lo Shin Bet, servizio segreto israeliano, che opera per lo più in territorio interno. Samir è entrato in carcere da piccino nel 1978, una volta scontata la pena riprese la resistenza combattendo a fianco dei palestinesi. Dopo la fine della guerra civile, gli fu chiesto di candidarsi alle successive elezioni, per intraprendere la carriera da politico. Si racconta che gli furono offerti molti soldi e agi, ma lui ritornò nel Libano del Sud per difendere la causa palestinese contro i sionisti.
Attualmente sono circa 5.000 i palestinesi imprigionati nelle carceri israeliane, numerosi sono i minorenni e anche diverse donne. 270 sono morti in conseguenza delle condizioni disumane in cui vengono tenuti, e delle torture denunciate da numerose ONG e associazioni a livello internazionale, ma ignorate anche dall'ONU e dai governi occidentali che continuano a ritenere Israele l'unico paese democratico in Medio Oriente. Anche a chi gravemente malato e si trova in regime di detenzione amministrativa viene negata la sospensione della pena e le cure ospedaliere, dimostrando un accanimento ingiustificato nei confronti di chi sostanzialmente non si è macchiato di nessun reato, a meno che non si consideri un crimine lottare per i diritti del proprio popolo oppresso e assediato da 75 anni sulla terra natia, occupata illegalmente.
La visita al carcere prosegue con la guida Hussein, prigioniero sopravvissuto agli orrori perpetuati dai soldati di Haddad, che in mezzo alle rovine, ci mostra le sei stanze diroccate dove venivano torturate anche donne combattenti. Dentro una cabina con funzione di cella individuale in ferro larga 70 centimetri e alta poco più di 1 metro, sostavano i prigionieri diverse ore senza acqua, senza cibo, senza luce. La mattina dopo ore di stenti, i detenuti venivano svegliati all'improvviso accendendo la luce. Nella stagione invernale le temperature scendono sotto lo zero, d'estate la calura arroventava il ferro. Un secchio per i bisogni sostituiva il gabinetto; restavano lì per mesi e se si ammalavano venivano disturbati dall'aguzzino di turno ogni 5 minuti con botte violente di manganello sulle pareti della cella. Durante gli interrogatori ogni forma di vessazione violenta, psicologica e fisica, era la norma. In inverno all'esterno in uno spazio noto come la piazza della tortura, il carcerato denudato veniva legato a testa in giù su una colonna di ferro, in estate gli veniva spalmata della melassa su tutto il corpo in modo che gli insetti attirati dallo zucchero bruciato banchettavano sulle membra devastate dal dolore e dalla fatica. A questo punto io non riesco a proseguire il giro dentro lo spazio destinato ai detenuti e mi allontano profondamente scossa. Sullo spiazzo dove ruderi di armi e carrarmati decorano la terra battuta da polvere e caldo, piagnucolo silenziosa. Cerco di riprendere a respirare e con difficoltà riprendo il mio pensiero lucido ma interrotto da tanta crudeltà interrogandomi sulla natura umana. Quanta inutile sofferenza, quanta ingiustizia in questo mondo. La retorica non serve e mi domando come riesce Hussein, dopo tanto patire a trovare il modo di raccontare ai visitatori aneddoti divertenti e a riuscire ancora a ridere e in fondo a reagire positivamente a una esperienza che ha segnato la sua vita per sempre, dipendente dai farmaci per le innumerevoli cicatrici rimaste sul corpo, per i disturbi permanenti a seguito delle orribili sevizie patite.
El Khiam - Cartello di fronte alla sede dell'associazione umanitaria AMEL
Dopo l'esperienza presso l'infame prigione, piuttosto provati riprendiamo il viaggio verso Al Dbayya, dove visitiamo la sede locale di AMEL Association, fondata a Beirut dal Dr. Kamel Mohanna nel 1979, nella cui sede amministrativa di Beirut si trova anche il Museo della Memoria del Massacro di Sabra e Chatila. L'associazione è molto attiva in ambito sociale anche a livello internazionale, occupandosi di rifugiati, tramite donazioni e altri finanziamenti, è responsabile dell'istituzione di numerosi e necessari servizi, per contrastare la povertà e aiutare le famiglie più disagiate della zona del Khiam. Molto interessante e promettente il progetto della scuola collocata li vicino, dove presso la stanza del pensiero e delle idee, i bambini affrontano processi cognitivi e di sviluppo psicologico e creativo grazie all'ausilio di 4 cassoni di diverso colore per la realizzazione di progetti diversificati in base al rafforzamento di alcune competenze come il teamwork e l'iniziativa individuale: la cassa arancione offre tutto il materiale utile per disegnare e colorare; la scatola verde è dedicata ai progetti multimediali: quella gialla al bricolage e a incentivare la manualità nei bambini; la cassa blu è dedicata alla elettrotecnica per la costruzione di un televisore. I bambini grazie a questa metodologia interattiva, monitorati dal personale docente, imparano cose fondamentali come relazionarsi al mondo del lavoro, attraverso una formazione personalizzata e autodeterminata. Saranno poi capaci di scrivere il loro curriculum autonomamente o di girare un video su temi interessanti scelti da loro in piena libertà. La scuola ha una vasta biblioteca fornita di libri e riviste per ogni età.
Concludiamo la lunga e faticosa giornata con una ricca cena tradizionale libanese, molto gradita, offertaci gentilmente dai giovani della associazione ULYP (Unite Lebanon Youth Project), un'organizzazione senza scopo di lucro fondata nel 2010 per promuovere un cambio di paradigma in Libano: da una nazione divisa lungo linee religiose, politiche, socio-economiche ed etniche a una in cui le persone possono co-esistere, unirsi e lavorare insieme per un futuro migliore. ULYP lo fa creando opportunità educative e offrendo parità di accesso a programmi educativi di qualità a bambini, giovani e donne nelle comunità emarginate. I programmi di ULYP aumentano la consapevolezza generale sul rispetto reciproco, la tolleranza e l'accettazione dell'altro per creare un dialogo di pace.
Di ritorno verso Beirut, ci fermiamo brevemente presso il campo siriano di Debbieh, dove opera AMEL, già dal 2017, sia con progetti di assistenza basica sia con progetti volti a motivare e coordinare l'istruzione infantile. Il campo è una tendopoli costruita con mezzi di fortuna su una spianata sterrata, di terra rossa cotta dal sole. Non sono presenti molte persone, ma i bambini che possono studiare dentro una minuscola tenda, organizzata come scuola, ci accolgono con grandi occhi curiosi e rassegnati. Nonostante il divieto, riesco comunque a fotografarne qualcuno. Tristezza, senso di impotenza, grande stima per la profonda umanità degli operatori sociali che nonostante i pochi finanziamenti, cercano di portare solidarietà a queste famiglie, altrimenti dimenticate dalle istituzioni. Maledette guerre!
9 novembre 2022
"Gli israeliani e i loro sostenitori occidentali hanno condotto una grande campagna sostenendo che ogni critica al sionismo e a Israele è ‘antisemita’, una campagna che è culminata nella recente adozione da parte dei paesi europei e degli Stati Uniti della definizione di antisemitismo adottata dall'organismo europeo IHRA (International Holocaust Remembrance Alliance). Con questa argomentazione, i sionisti sostengono che i palestinesi sono in realtà i coloni della Palestina, mentre i coloni ebrei europei erano i veri nativi della Palestina che stavano rimpatriando nella patria dei loro presunti antichi antenati."
Joseph Massad (The Electronic Intifada)
15 Settembre 2022 (giorno)
"’Ci rivediamo in Palestina!’, mi disse Arafat, mentre stavamo in carcere, prima di recarsi in Cisgiordania, da dove dentro una grotta presso Jenin iniziò a coordinare la resistenza."
Abdallah Frangi (Der Gesandte - Mein Leben für Palästina - Hinter den Kulissen der Nahost-Politik)
"Dopo il meeting del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina, il 23 luglio 1968, il PFLP-SC commando speciale addestrato da Wadi ‘Abu Hani’ Haddad dirottò un Boeing 707 della compagnia israeliana El Al partito da Roma per Tel Aviv e costretto ad atterrare all'aeroporto di Algeri."
Oliver Schröm (Im Schatten des Shakals - Carlos und die Wegbereiter des Internationalen Terrorismus)
"Israele ha eseguito una serie di azioni provocatorie nel Libano meridionale, coadiuvato da estese operazioni territoriali da parte della milizia comandata da Haddad [...] da agosto 1981 a maggio 1982 - 2125 violazioni dello spazio aereo libanese e 652 nelle acque territoriali."
Noam Chomsky (Fateful Triangle - The United States, Israel & The Palestinians)
Ancora spossata dal giorno prima, mi appollaio pesantemente sul pulmino, accanto al finestrino. All'improvviso vengo allertata da un giovane che bussa sul vetro, chiedendomi in libanese e portandosi la mano verso la bocca, con uno sguardo scuro disperato e insistente, qualche soldo per mangiare. Non faccio in tempo a reagire che l'autista lo caccia in malo modo. Sulle strade a ridosso dell'hotel, tanti, troppi chiedono l'elemosina, donne giovanissime, bimbi e qualche anziano. Un attimo e penso ai numerosi senzatetto che a Berlino occupano marciapiedi, fermate della metro e che dalla pandemia sono aumentati inesorabilmente. Qualche moneta per alleviare il senso di impotenza al dilagare della povertà nel mondo, o forse è senso di colpa?
La giornata sarà estenuante, ma sono molto curiosa di visitare uno dei più grandi campi profughi in Libano. Burj Al Baraneh, situato a sud di Beirut.
Al nostro arrivo ci accoglie il responsabile dell'associazione BAS, introducendo la storia del campo, costruito nel 1950 per accogliere le famiglie palestinesi provenienti da Acre in Palestina: in 1km2 vivono 45.000 persone (di cui 17.000 palestinesi libanesi; 1.000 palestinesi dalla Siria; 7.000 siriani; minoranze da altri paesi); le case e i palazzi vengono costruiti senza un piano regolatore urbanistico, senza controlli di sicurezza. Gli stabili, senza fondamenta, si ergono in alto, con l'aggiunta di piani, per far spazio ai nuovi membri della famiglia, dove il sole non arriva a battere dentro le strade strettissime e la mancanza di luce determina gravi problemi respiratori, difficili da curare per l'annoso problema della mancanza di cure sanitarie. Alla carenza d'acqua potabile (sono presenti 20 pozzi di acqua salmastra!) si aggiunge il problema dell'elettricità, sporadica e organizzata con cavi sospesi in aria, ovviamente non a norma. Purtroppo i 5 generatori di corrente messi a disposizione del governo non sono funzionanti, quelli in affitto hanno costi proibitivi (5 Amper di potenza costano 200 dollari!). A seguito della crisi finanziaria, l'inflazione ha aumentato il livello di povertà già gravato dalle pessime condizioni generali del campo: gli abitanti non possono accedere a cure adeguate: si registrano da un po' di tempo casi di tumori e malattie rare, che è impossibile curare. Dalla Palestina e dall'UNWRA arrivano dei finanziamenti solidali che coprono solo il 50% dei costi reali necessari alle famiglie; le scuole sono ubicate nella parte esterna e sono gestite da diverse istituzioni palestinesi; per quanto concerne la sicurezza, nel campo sono presenti due comitati popolari, uno di responsabilità dell'OLP e uno siriano, che curano i rapporti con il governo per la gestione dei principali fabbisogni della popolazione, acqua ed elettricità, e collaborano con le forze di polizia statali per la gestione e la risoluzione di controversie e reati. Il campo usufruisce anche dei pochi fondi che lo stato libanese mette a disposizione per l'eduzione dei bambini e la formazione professionale dei giovani. Gli aiuti dai congiunti all'estero sono diminuiti negli ultimi anni, per via della crisi finanziaria e la corruzione politica che coinvolge anche il sistema bancario.
Libano del Sud - Campo profughi di Bourj El Barajneh
In piccoli gruppi procediamo con la visita presso alcune famiglie palestinesi originarie di Yarmuk campo profughi in Siria, distrutto all'inizio della guerra civile. Raggiungiamo dentro una palazzina divelta con scale di cemento senza corrimano, senza finestre e luce, dove immondizia decora il percorso, il piccolo appartamento di una vedova con 7 figli.
La donna sulla cinquantina, splendida nella sua composta rassegnazione, con orgogliosa tristezza, ci racconta le vicende che hanno costretto la famiglia piuttosto abbiente a lasciare la Siria, a causa del conflitto scoppiato nel 2011, quando l'ISIS (Stato Islamico), occupato Yarmuk, pretendeva che tutti gli uomini dai 18 ai 50 anni non lasciassero il campo. Rimasta vedova, e dopo aver perso anche il figlio maggiore di 29 anni, senza più proprietà, senza nessuna possibilità di sostentamento, raggiunge Beirut con le due figlie, lasciando forzatamente il figlio, che rivedrà dopo sette anni! Dopo vari cambi di casa dentro Buorj Al Barajneh si trova adesso da sola in Libano con molteplici difficoltà; soffre di pressione alta e diabete, ipovedente, non può permettersi cure adeguate considerando che una iniezione di insulina costa 43 dollari. Ricorda che quando la bimba più piccola doveva andare all'asilo, doveva affrontare con estrema fatica i sette piani della palazzina, diverse volte al giorno. Ha dovuto traslocare numerose volte con le poche cose che possedeva. Cresciuti, i figli la aiutano in casa, non potendo più lavorare come donna delle pulizie. Purtroppo ha costanti problemi economici, nonostante gli aiuti da parte delle associazioni e grazie alle offerte del Ramadan. Anche la scuola costa tanto, e devono risparmiare, per fortuna i ragazzini sono bravi e danno soddisfazione nello studio. La bellissima bimba, timidamente sottolinea che vorrebbe studiare per conseguire la laurea in pediatria e viaggiare. Il fratello maggiore con grandi eleganti occhi neri, conferma i loro successi scolastici e accenna un sorriso luminoso, strappando a tutti noi una risata liberatoria, dopo che un groppone in gola stava per scoppiare a sentire tante sofferenze e fatiche. Durante il racconto, apprendo che un insegnate di sostegno costa 50 dollari a lezione, una merenda per la scuola 15 dollari. Se fino a qualche tempo fa l'agenzia UNRWA sosteneva con 100 dollari al mese ogni figlio, adesso percepiscono solo 25 euro ogni due mesi. Se non vengono pagate le utenze, come a esempio l'elettricità, la chiusura delle volture è praticamente immediata, con conseguenze devastanti per la famiglia. Ricevono qualche aiuto dalla figlia che vive a Gaza, con il marito fuggito da Armuk, e da ogni musulmano del campo, che secondo le prescrizioni del Corano, se può permetterselo, deve devolvere durante il Ramadan il 5% delle sue entrate per i più poveri.
Lasciamo il campo ormai infuocato dal caldo umido e con i pulmini raggiungiamo il municipio dove si trova l'ambasciata palestinese per l'incontro con l'ambasciatore Mr. Ashraf Dabbour.
Beirut - Ambasciata Palestinese - Sulle pareti foto incorniciate del noto Yasser Arafat e Mahmoud Abbas Abu Mazen presidente della Autorità Nazionale Palestinese in Cisgiordania
Un ricco banchetto esageratamente allestito ci attende per ammazzare l'attesa dei politici. Numerose sedie sono sistemate di fronte al pulpito da dove vari rappresentanti di partiti e associazioni sono attesi per il consueto comizio annuale. Con in mano l'ennesimo caffè della giornata mi sedio su una seggiola in prima fila e faccio qualche ripresa, mentre l'ambasciatore dona ai partecipanti una bellissima keffiah con i colori tradizionale del bianco e nero, che tutti indossano con un certo vanitoso orgoglio solidale. Dopo l'introduzione di Bassam, l'ambasciatore apre le celebrazioni in ricordo del massacro di Sabra e Chatila, ribadendo che purtroppo nessuno è mai stato perseguito per questa strage, ricorda le responsabilità di Sharon, che offrendo copertura per il piano criminale dei falangisti, era convinto di poter cacciare tutti i palestinesi, o per lo meno di sterminarli. Con un pizzico di velata retorica patriotica, sottolinea l'importanza del diritto al ritorno in Palestina del popolo in diaspora, sparso in tutto il mondo arabo e occidentale. Con forza si indigna nel ricordare l'impunità degli israeliani, che dovrebbero essere condannati dai tribunali internazionali! Condanna l'occupazione dei territori, e ringrazia l'iniziativa di solidarietà dei giornalisti italiani Chiarini e Musolino, che nel 1999 fondarono il comitato ora associazione Per Non Dimenticare.
Segue l'intervento del compagno Vincenzo Infantino del Comitato per il Diritto al Ritorno di Palmi, Reggio Calabria, che da 22 anni porta avanti la battaglia di giustizia in sostegno della causa palestinese in Italia, cercando di far conoscere il dramma di un popolo molto spesso dimenticato, in contrasto con i governi dei paesi occidentali, che ignorano da sempre le numerose risoluzioni ONU che condannano Israele alle sue responsabilità, ai numerosi crimini di guerra che hanno insanguinato la storia del paese già dal 1948. Purtroppo viviamo una fase storica non interessata a questa causa, e pertanto si chiede con vigore una necessaria unità di tutti i rappresentanti all’interno dell’OLP, così da rafforzare le diverse campagne solidali a livello internazionale.
La lunga giornata termina con la visita presso la sede del comune di Ghobeiry, vicino Roadhat Al Shadidain, dove sono previste diverse conferenze. Ci accoglie il sindaco Mr. Maan Al Khalil, che durante il suo discorso inaugurale promette la costruzione presso il campo di un monumento in ricordo delle vittime del massacro di Sabra e Chatila, attraverso una campagna internazionale di raccolta fondi. Il Prof. Ma'an Bashour, esperto di solidarietà internazionale, si sofferma a illustrare le politiche e i vari contributi regionali e diplomatici dei paesi arabi nei confronti della causa palestinese, con particolare riferimento alle iniziative intraprese dal governo libanese. Il Dott. Omar Nashabeh, analista in giustizia penale, docente presso l'Università Americana di Beirut, consulente delle Nazioni Unite, esperto di sistema carcerario e normative militari si sofferma sulla necessità, accanto alle iniziative istituzionali, regionali e internazionali nell'alveo delle normative in materia di violazioni dei diritti umani, della resistenza armata da parte dei palestinesi nel Territorio Occupato.
27 dicembre 2022
"La polizia ha arrestato e successivamente rilasciato Israel Frey, giornalista di sinistra ultraortodosso, in seguito a tweet che elogiavano un palestinese che intendeva compiere un attentato a Tel Aviv."
Josh Breiner (Haaretz)
16 settembre 2022 (mattina)
"Mansur gettò uno sguardo alla rocca, gli parve inaccessibile e compatta come una montagna priva di caverne: l'idea di occuparla gli sembrava lo scherzo di un burlone."
Ghassan Kanafani (Uomini e fucili)
"...il comandante giocava a scacchi. Era bravo a titillare i nervi di Begin, pericolanti come i fili dell'elettricità sulla baraccopoli di Uza'i. Ma l'uomo assediato a Beirut stava assediando più di quel che mostrava sulla scacchiera."
Mahmud Darwish (Memoria per l'oblio)
"1967 un’altra Nakba un’altra catastrofe compiuta dall'uomo nomi di luoghi espropriati nomi di tombe riscritti Sheikh Jarrah diventa Shimon Ha'tsiddik Gerusalemme ancora una volta sposa della fantasia."
Mohammed El-Kurdi (Rifqa)
Beirut - Museo della Memoria presso la sede operativa di AMEL
Oggi è il giorno della quarantesima commemorazione del massacro del quartiere di Sabra e del campo profughi di Chatila. Raggiungiamo nella municipalità di Ghobeiry il teatro: poco sfarzoso, mi ricorda una tipica sala cinematografica cubana, un accenno a reminiscenze post-sovietiche. Rappresentanti di partiti e associazioni si mescolano ai numerosi avventori; comitati e scolaresche; bandiere e stendardi; striscioni e banner in diverse lingue; mormorii in sottofondo che presto diventano rumorosi discorsi incomprensibili; cerco di capire nervosamente, dove in modo strategico posso posizionare la mia piccola videocamera; un padre mi chiede con un cenno se posso far sedere sulla poltrona vicino a me il suo bimbo che indossa sulle spalle con una certa disinvolta sicumera un'ampia bandiera palestinese. Il bimbo mi osserva con i suoi occhi neri serissimi; a un mio sorriso, muove pigramente gli angoli della bocca in segno di approvazione. L'aria si fa pesante, qualcuno indossa le mascherine anti-covid, qualcuno arriva leggermente trafelato e cerca come può un posto a sedere, la sala è piena, il brusio si acquieta e iniziano i comizi. Un rappresentante di Fatah, uno di Hezbollah, l'ambasciatore, il sindaco, Mirca Garruti, una giovane portavoce dei famigliari delle vittime del massacro. Tutti sono concordi nel ribadire che è necessario un intervento della comunità internazionale per fare pressioni presso governi e tribunali, in grado di dare una risposta decisa e definitiva nell'assicurare alla giustizia i responsabili libanesi e israeliani della mattanza, senza dimenticare le violazioni dei diritti umani in Palestina e nel territorio occupato dall'odioso nemico sionista. Vengono raccontati i tre giorni della orribile vicenda, che ancora oggi viene commemorata ogni anno attraverso la memoria storica dei sopravvissuti e dei testimoni. Finiti gli interventi con difficoltà raggiungiamo le uscite del teatro, per muoverci in corteo verso Chatila dove gli abitanti del campo depongono corone di fiori e bandiere. L'organizzazione marziale e formale è smorzata da una certa vivace partecipazione, che rompe la consueta frenetica routine del campo. Colgo negli sguardi di molti giovani, orgoglio misto a speranza, curiosità e un pizzico di vanità di fronte alle numerose videocamere e cellulari presenti, che tentano di immortalare il momento. Il cameraman della televisione si fa strada in mezzo alla folla per consentire al giornalista di intervistare politici e attivisti. Io dopo qualche foto, mi metto in disparte, sotto l'alto muro a ridosso della piazza, lontano dalla polvere, in cerca di refrigerio all'ombra, osservo la gente che agita bandiere come a una festa di paese. Ma di allegro resta poco.
I ragazzi di Fatah indossano i gilet con i simboli del movimento
27 febbraio 2023
"Centinaia di coloni devastano una città della Cisgiordania dopo l'assassinio di due israeliani. L'esercito è sopraffatto. Alcuni politici della coalizione di governo israeliana sostengono i coloni."
Christian Meier (Frankfurter Allgemeine)
16 settembre 2022 (sera)
"L’identità ebraica, nella sua contorta visione della vita, nella sua concezione del mondo che colloca al centro di tutto un Dio molesto quanto altri mai, e da questo trauma originario riversa nella propria storia una giustificazione e perfino un amore per la catastrofe, resta uno degli elementi essenziali da cui partire per comprendere perché nessun quartiere verrà dato alle rivendicazioni palestinesi. Per un altro verso, altrettanto doloroso è stato per me constatare che l’itinerario intrapreso dai Palestinesi non è per nulla quello che auspicavano tanti anni fa. Politici e profittatori stanno lavorando a costruire uno Stato che per forza di cose sarà forse peggiore del suo nemico di sempre. L’unica speranza resta l’insurrezione popolare, che di già comincia a profilarsi contro gli stessi governanti dei Territori, fantocci in divisa che una volta, non tutti beninteso ma la maggior parte di loro, sembravano persone in carne ed ossa, uomini e donne degni di fiducia e di rispetto. Ma il tarlo politico rode e mina in profondità sempre."
Alfredo Maria Bonanno (Palestina Mon Amour)
Con la delegazione italiana partecipiamo nella capitale alla manifestazione indetta dalla coalizione comunista libanese in ricordo della costituzione del fronte della resistenza libanese. Considerando le numerose tensioni e i violenti scontri di piazza, tra i partiti parlamentari di opposizione, gli schieramenti politici non governativi, i movimenti popolari laici e islamici e l'esercito registrate negli ultimi due anni durante le varie manifestazioni e iniziative di protesta, in particolare a seguito della crisi finanziaria imperante e dopo l'esplosione del porto, che hanno causato morti e feriti, il corteo, iniziato con i comizi e terminato di fronte alla sede del governo, si è svolto in maniera pacifica registrando una discreta partecipazione.
Le ultime elezioni politiche si sono svolte il 15 maggio 2022 in base agli accordi di Ta'if del 1989 che hanno modificato la precedente normativa in materia di elezioni rappresentative, il Patto del 1943, secondo la quale su 5 parlamentari di confessione cristiana, venivano eletti 4 musulmani. Attualmente il parlamento o Assemblea Nazionale ripartisce il potere in uguale partecipazione contando sul 50% di cristiani e il 50% di musulmani, con un totale di 128 seggi ripartiti tra i diversi blocchi e schieramenti politici, con 85 seggi di maggioranza e 43 di opposizione. Con 19 seggi governa a maggioranza il Blocco del Libano Forte composto dal Movimento Patriottico Libero fondato dal genero dell'ex presidente, il militare Michel Aoun (16), dalla Federazione Rivoluzionaria Armena Tashnaq (2) e un membro indipendente. Il secondo schieramento, detto Sviluppo e Liberazione con 15 seggi, è costituito dal movimento storico Amal capeggiato dal veterano presidente del parlamento lo sciita Nabih Berri (11), un esponente del partito socialista siriano Ba'ath (1) e 3 Indipendenti. Il terzo blocco della Fedeltà alla Resistenza rappresenta l'ala politica della sciita Hezbollah con 13 seggi e 2 parlamentari indipendenti. Segue con 13 poltrone il Blocco Nazionale Moderato con 10 indipendenti, 2 del Frem Party e uno del gruppo islamico. I socialisti del Blocco Unione Democratica si dividono gli 8 seggi tra il Partito Socialista Progressista (6), fondato nel 1949 dal druso Kamal Jumblatt, e 2 indipendenti. Sempre all'interno della maggioranza seguono con 8 seggi lo schieramento detto della Compatibilità' Nazionale che raccoglie esponenti del partito sunnita Al-Ahbash e i nasseriani di Union Party e Dignity Movement, e con 4 seggi il Blocco Nazionale Indipendente con il movimento cristiano maronita del nord del Libano noto dalla guerra civile come Marada, fondato dal filosiriano Suleiman Frangieh e capeggiato ora dal figlio omonimo.
Sul fronte dell'opposizione per un totale di 43 seggi, siedono con 19 postazioni il Blocco detto Strong Republic dei miliziani Samir Geagea e Georges Adwan, composto dalle Forze Libanesi, uno schieramento politico rappresentativo di milizie come Kataeb, fondate dalla famiglia cristiano maronita Gemayel, protagonisti di spicco durante la guerra civile e del National Liberal Party, fondato dal liberale Camille Chamoun, il cui leader attuale è un suo omonimo nipote. Con soli 9 seggi la coalizione delle Forze del Cambiamento, nata dalla protesta del 17 ottobre 2019 contro la corruzione e il carovita, raccoglie esponenti di diversi piccoli partiti come i progressisti Taqaddum, Tahalof Watani, ReLebanon, Mada e il riformista Lana Social Democratic Party. Il Blocco Kataeb, con lo storico partito fondato da Pierre Gemayel, ormai con posizioni meno oltranziste, il cui slogan "Dio. Patria. Famiglia", si colloca nella tradizione libanese cristiano maronita di ispirazione fascista. Il sovranista Renewal Bloc o Kutlat Tajadod con 2 seggi occupati dal laico National Dialogue Party. Tra gli indipendenti lo storico partito popolare panarabo antisionista nasseriano PNO fondato da Maarouf Saad, ora guidato dal figlio, che abbiamo conosciuto a Sidone.
Tripoli - Libano del Nord - Lungomare
28 giugno 2023
"Una forma altra di ricorso alla violenza, atti individuali come li ha definiti la stessa polizia israeliana, e che non ha a che fare con le brigate nate negli ultimi anni dentro alcune delle città palestinesi in Cisgiordania. La Fossa dei Leoni a Nablus, la Brigata Jenin, e poi via via piccoli nuclei combattenti sorti in diverse realtà, come il Nido dei Calabroni nella sonnolenta Gerico, ma anche a Tulkarem e a Tubas. I palestinesi ne hanno fatto una barzelletta: se anche a Gerico, nel punto più basso della terra, si imbracciano i fucili vuol dire davvero che la situazione è caldissima. Bollente."
Chiara Cruciati (Jacobin Italia)
17 settembre 2022
"La creazione dell'Autorità Nazionale Palestinese è stata voluta nell'interesse degli Stati Uniti e di Israele, ma non nell'interesse del popolo palestinese, e questo lo dimostrano i fatti e le esperienze di questi anni."
Leila Khaled (FPLP - Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina: tra ideologia e pragmatismo)
"La donna al volante chiede se vogliamo che metta su un po' di musica, un cd di Fairuz o Umm Kulthum. Nessuna reazione [...] Stava trasportando due donne disperate dalla Striscia di Gaza, e non era capace di offrirgli un po' di piacere e di condividere con loro la stessa gioia come con le donne dalla Cisgiordania che ogni tanto portava al mare illegalmente."
Ilana Hammerman (A Small Door Set in Concrete - One Woman's Story of Challenging Borders in Israel/Palestine)
Viaggiando verso sudest tra Sidone e il confine con la Siria guardando verso Israele, raggiungiamo il museo della resistenza libanese, ubicato vicino alla cittadina di Mleeta, fatto costruire da Hezbollah (nel 2010 per commemorare i 10 anni dalla disfatta delle IDF nel Libano del sud. Hezbollah è un gruppo politico islamista e militante fondato nel 1982 da un gruppo di combattenti sciiti sotto la tutela dell'Iran Pasdaran - Guardia Rivoluzionaria - come risposta diretta all'invasione israeliana del Libano. Dal 1985, Hezbollah si è sviluppato da semplice forza insurrezionale sul modello dei guerriglieri cubani e cinesi a partito combattente disciplinato che combatte contro l'esercito israeliano su territorio libanese. La sua capacità militare più sofisticata, va oltre la semplice resistenza armata come ad esempio gli attuali Talebani. Nel 2000, Hezbollah avrebbe forzato il ritiro unilaterale di Israele e nel 2006 ha sconfitto le forze militari ebraiche, ricacciandole verso la Palestina settentrionale.
Mleeta - Libano del Sud - Piantina del Museo della Resistenza Libanese
Alla presentazione del museo nel 2010 insieme al leader Hassan Nasrallah, terzo segretario generale del Partito di Dio, seguito dal suo predecessore, Abbas al-Musawi, assassinato da Israele nel febbraio del 1992, era presente il filosofo americano Noam Chomsky. Il sito offre ai visitatori, sempre molto numerosi, un affascinante miscuglio di guerra e paradiso, con fiori colorati, piante esotiche e aiuole ben curate, che ingentiliscono la visione delle profonde buche dove sono stipati, secondo un ordine militare e decorativo resti di armi, missili e carrarmati, a testimoniare le dure battaglie tra guerriglieri libanesi e palestinesi contro le forze israeliane. I politici che intervengono da dietro il piccolo pulpito allestito per noi, ripercorrono le vicende che portarono alla sconfitta dei sionisti su territorio libanese, sottolineando come il museo sia importante per non dimenticare il sacrificio dei numerosi martiri sia militari che civili, che caddero durante la cruenta resistenza, e come nonostante l'esercito di liberazione non abbia ricevuto grandi appoggi a livello internazionale sia riuscito nell'impresa di cacciare gli usurpatori nel 2000 e poi, a seguito degli ultimi bombardamenti, nel 2006. Israele non riconoscendo il popolo libanese, orgoglioso di una eredità millenaria, attraverso i suoi inutili tentativi illegali di occupare il paese per becero espansionismo territoriale, appoggiato dai paesi occidentali, troverà sempre una dura resistenza in Libano. Secondo il principio condivisibile cosi dichiarato dal rappresentante:
"L'uomo che subisce ingiustizia, deve vincerla. Il giorno in cui il debole riesce a schiacciare il forte, quel giorno sarà un duro giorno, quello del riscatto dove si invertono i ruoli. Israele è stata appunto sconfitta e se tenta di attaccarci di nuovo possiamo rispondere. Noi siamo un paese che ha subito gli attacchi delle grandi potenze e purtroppo nessuno ci ha aiutato quando avevamo bisogno. Per questo abbiamo preso in mano il nostro destino e ci difendiamo da soli. Abbiamo liberato il Libano quando Israele ha attaccato Beirut, abbiamo liberato Gaza e speriamo di liberare tutta la nostra terra. Tutte le risorse in mare di fronte alla Palestina noi le consideriamo di nostra proprietà. chiunque cerca di togliere le risorse noi la consideriamo aggressione."
Dopo questo bellicoso proclama visitiamo ampiamente il museo-giardino. Io resto molto impressionata da quello che nel percorso storico organizzato viene chiamato abisso: una voragine al di sotto di una lunga balaustra dove una enorme ragnatela sembra catturare un carrarmato israeliano: il tutto simbolicamente efficace, con un pizzico di retorica convincente e coerente, visti gli argomenti trattati.
Mleeta - Carrarmato israeliano
Altro luogo importante è il tunnel percorribile costruito sotto la collina, che il nemico ha scoperto solo dopo la disfatta e che adesso rimane a testimoniare l'abile e audace strategia militare, che ha consentito ai guerriglieri di sopravvivere ai numerosi attacchi via terra e via aerea.
Mleeta - Cartello informativo di fronte all'entrata del tunnel costruito dalla resistenza libanese contro le forze israeliane
Terminato il giro turistico, ci riversiamo come cavallette dentro il negozio per acquistare cimeli e souvenir da riportare a casa: magneti, vestiario, saponi e altri ninnoli.
Libano del sud - Muro di confine vicino al Fatima Gate ormai militarizzato
Di nuovo in viaggio direzione Maroun Al-Ras cittadina nel profondo sud entro il governatorato di Nabatieh, situata su un’altura di quasi 1.000 metri, a meno di un miglio di distanza dal confine israeliano: sosta per foto di rito con bandiere palestinesi a ridosso del perimetro divisorio dei due paesi. Attraversiamo la cittadina sito storico della resistenza libanese ed entriamo attraverso un ampio arco nel grandioso giardino donato dall'Iran a Hezbollah. Meta obbligatoria per scolaresche, turisti e attivisti, il parco presenta una serie di attrazioni monumentali a tratti kitsch, come la costruzione della moschea con la cupola dorata dell'originale in Palestina, una gigantesca rotonda che si dipana attorno al perimetro del parco dove numerosi gazebo arredati con tavoli e panche consentono a gruppi e famigli di banchettare, un’enorme riproduzione del generale iraniano Qasem Soleimani, ucciso in Iraq dagli americani nel 2020.
Maroun Al-Ras - Centro Culturale di Hezbollah - Riproduzione della celebre Cupola della Roccia di Gerusalemme
Prima del pranzo ascoltiamo affacciati sopra le colline e i campi arati nei kibbutz e villaggi israeliani, ben visibili sotto di noi, nella parte nord della Galilea, una guida del sito, sopravvissuto alle tremende carceri israeliane, che racconta le imprese della guerra di liberazione. Obbiettivo principale riprendere il territorio occupato illegalmente e restituirlo ai palestinesi.
Maroun Al-Ras - Centro Culturale di Hezbollah - Il generale iraniano Qasem Soleimani riprodotto indica la Palestina
Concludiamo la lunga e faticosa giornata, macinando ancora chilometri verso il mare in direzione del campo di Burj El Shemali, dove assistiamo presso la sala teatro, ad alcuni spettacoli di danza Dabkeh, organizzati dal Cultural and Music Center del vicino campo di Rashidieh. Meravigliosi danzatori in abito tradizionale palestinese accompagnati da musicisti di tutte l'età. Bambini cantano Bella Ciao, non senza suscitare una certa piacevole emozione mista a sentimenti di orgoglioso internazionalismo. La musica smorza la tensione accumulata, e sfiancati ma appagati, dopo il tramonto riprendiamo la strada verso Beirut.
Maroun Al-Ras - Centro Culturale di Hezbollah - Vista panoramica della Palestina settentrionale
4 luglio 2023
"Lunedì 3 luglio, poco dopo la mezzanotte, le forze d’occupazione israeliane, hanno invaso la città di Jenin via terra – con carri armati Merkava e bulldozer – e via aerea – con droni, elicotteri e aerei da guerra. L’obbiettivo del governo sionista è quello di annettere de facto la Cisgiordania e, per farlo, ha bisogno in primis di eliminare la resistenza palestinese a Jenin."
Maya Issa (Palestine Chronicle)
18 settembre 2022
"Quanto a Hamas, che dopo gli attentati dell'11 settembre 2001 era stato oggetto di una vasta campagna d'attacco israeliana e occidentale (compresa l'uccisione di suoi esponenti in omicidi mirati israeliani), sotto pretesto di essere un movimento terroristico, esso percepì che le sue chance poggiavano su un rafforzamento della propria posizione mediante la legittimazione elettorale, alla luce della propria montante popolarità e dell'operato sempre più debole di Fatah all'interno dell'ANP."
Maher Charif (Storia del pensiero politico palestinese)
"Il colonialismo nei confronti degli indigeni può concludersi secondo tre possibili percorsi: con l'eliminazione e la totale sottomissione dei nativi, come nell'America settentrionale; con la sconfitta e l'espulsione dei colonizzatori, come in Algeria, abbastanza improbabile; oppure con l'abbandono della supremazia coloniale, in un contesto di compromesso e riconciliazione, come in Sudafrica, Zimbawe, e Irlanda."
Rashid Khalidi (The Hundred Years' War on Palestine - A History of Settler Colonial Conquest and Resistance)
Ultimo giornata di permanenza in Libano prima della partenza da Beirut: la stanchezza si fa sentire ormai, e mi appollaio subito sul pulmino per affrontare un altro lungo viaggio verso il nord del paese. Ci apprestiamo a raggiungere i campi di Beddawi e di Nahr El Bared.
Presso la sede del BAS ci accolgono i membri della associazione insieme al segretario del comitato popolare dell'OLP Mr. Ahmad Ramunni, che riassume nel suo breve intervento l'aspetto forse spesso dimenticato, dell'importanza della resistenza rivoluzionaria palestinese dentro i campi dei rifugiati; Flavio Novara ribadisce inoltre la necessità che le istituzioni e le associazioni si impegnino non solo a ricordare il massacro di Sabra e Chatila, come con la costruzione di un monumento da parte del comune di Ghobeiry, o come il Museo della Memoria da parte di AMEL, ma chiede con forza che ci si attivi nella costruzione della solidarietà antisionista a livello internazionale e regionale per una autentica e definitiva richiesta di giustizia, facendo pressioni presso i governi occidentali, responsabili da sempre della più becera copertura a Israele.
Il campo di Beddawi, roccaforte dell'OLP e' stato costruito per 17.000 persone, ma ne ospita 60.000, a seguito della guerra in Siria e della distruzione del campo di Nah El Bahrad più a Nord, da parte delle IDF nel 2006 e i massacri avvenuti nei campi meridionali. Anche qui regna una costante crisi energetica e idrica, inutili le richieste di aiuti alle istituzioni, come UNRWA e governo libanese. Purtroppo la crisi è endemica e i rifugiati sono gli ultimi a essere assistiti.
Il campo di Nahr El Bared, distrutto nel 2007 durante i duri scontri tra Fatah ed esercito israeliano, con conseguente sfollamento di 40 mila abitanti, è stato ricostruito solo per il 70% degli abitanti. Il restante 30%, in attesa di una residenza dentro il campo, si arrangia con gli affitti e altre sistemazioni precarie. Il BAS sostiene insieme a medici e diverse ONG la ricostruzione. Siamo invitati dal responsabile a guardare un video che spiega in modo esauriente la storia di questi campi martoriati, inutile dire che non c’è mai fine all'orrore. Dovremmo ringraziare questa gente che con coraggio e determinazione combatte per una vita dignitosa, con orgoglio lotta ogni giorno contro enormi difficoltà. Di fronte a loro le nostre ridicole vite privilegiate scompaiono inesorabilmente.
11 luglio 2023
"Israele espelle i Sub Labans dalla loro casa nella Città Vecchia di Gerusalemme. La famiglia ha combattuto i tentativi dei coloni di impossessarsi della loro casa per circa 45 anni. Lunedì notte, le forze di sicurezza li hanno sgomberati."
Al Jazeera Staff
19 settembre 2023
"Sin dalla scoperta di petrolio e gas al largo della costa di Gaza, Israele ha ripetutamente modificato la demarcazione della costa marittima di Gaza, talvolta riducendola a sole 3 miglia nautiche. La mancanza di accesso ad acque di pesca sufficienti colpisce circa 65.000 abitanti di Gaza e ha impoverito quasi il 90% dei pescatori. Inoltre, la marina israeliana usa una forza letale contro i pescatori di Gaza che lavorano al largo della costa, affondando e sequestrando le loro barche. Il continuo sfollamento forzato della maggioranza dei palestinesi dalle loro terre e proprietà nel 1947-49 e successivamente nel 1967; le deportazioni forzate, i trasferimenti forzati e le restrizioni arbitrarie alla loro libertà di movimento; il diniego della nazionalità e il diritto al ritorno; l'espropriazione parzializzata e discriminatoria delle loro terre e proprietà; e la successiva allocazione discriminatoria e l'accesso alle risorse nazionali (compresi terra, alloggio e acqua) si combinano non solo per impedire ai palestinesi di godere attualmente dei loro diritti, compreso l'accesso ai mezzi di sussistenza, all'occupazione, all'assistenza sanitaria, alla sicurezza alimentare, all'acqua e ai servizi igienici e all'istruzione, ma anche per garantire che i palestinesi non possano, come individui o comunità, godere di uno status uguale a quello degli ebrei israeliani in Israele e nei territori occupati."
Amnesty International
"Il 4 febbraio 2021, la polizia libanese ha trovato il difensore dei diritti umani Lokman Slim ucciso all'interno della sua auto a Nabatiyeh, nel sud del Libano. Un esame medico ha rivelato che il difensore dei diritti umani era stato colpito quattro volte alla testa e una volta alla schiena. Si sospetta la mano di Hezbollah dietro l'assassinio."
www.frontlinedefenders.org
Il tour de force è terminato. Un groppone alla gola mi accompagna verso l'aeroporto, non senza una piacevole sensazione di leggerezza. Un ultimo sguardo verso il mare, le palme e gli alti edifici a ridosso del porto. Dal finestrino del taxi osservo quel che resta dopo l'esplosione del 4 agosto del 2020. A fatica viene ricostruito, è visibile la rimozione delle macerie per il ripristino delle attività lavorative. Di fronte alcuni palazzi mostrano ancora le ferite provocate dalla violenta onda d'urto pari a un terremoto di magnitudo 3.3, che ha ucciso più di 200 persone e ferito almeno 7.000 persone.
La causa del disastro è imputabile alla negligenza dello stato libanese, che nonostante avesse sequestrato nel 2014 la nave moldava con carico russo M/N Roshus, partita da Batumi in Georgia e costretta per una avaria ad attraccare al porto di Beirut, non ha mai messo in sicurezza le 3.000 tonnellate di nitrato d'ammonio stoccate al suo interno.
Beirut - Porto marittimo
12 luglio 2023
"La relatrice speciale delle Nazioni Unite sulla Palestina occupata, Francesca Albanese, denuncia il regime di apartheid israeliano e descrive la Palestina che soffre sotto l'occupazione israeliana come una prigione a cielo aperto."
Jüdische Stimme für gerechten Frieden in Nahost
CONCLUSIONE?
"Nell'agosto del 2011, la corte regionale nella città di Haifa disse ai genitori di Rachel Corrie (attivista americana) che era responsabile della sua stessa morte - schiacciata da un bulldozer israeliano - in quanto si trovava in una zona di guerra."
Ilan Pappe (GAZA -When the Sky Rained White Fire/Mushier El-Farra)
Molto può essere ancora fatto, molto avrebbe dovuto essere fatto a suo tempo, sia per assicurare ai tribunali regionali e internazionali i responsabili interni libanesi del massacro di Sabra e Chatila, sia per fare pressioni sullo stato di Israele per l'accertamento del suo coinvolgimento diretto e indiretto della strage, costata la vita a circa 3.500 persone; le stime sono ovviamente approssimative. Di certo resta che purtroppo i politici e gli amministratori a parte una certa retorica affabulatoria, giustificata in parte dalle annose crisi finanziare che dagli anni settanta tormentano il paese dei cedri, la recente pandemia, l'inflazione galoppante, sembrano molto impegnati a mantenere il potere nell'intricato dedalo di partiti e orientamenti laici, religiosi e identitari, che nonostante i cambiamenti storici in atto risultano essere sempre i medesimi dal periodo della guerra civile, secondo uno schema che garantisce la consegna delle poltrone in parlamento ai figli o ai diretti discendenti, appunto di quegli uomini agiti da finalità di real politique nel periodo della guerra civile. Inoltre, è difficile percepire un concreto interesse visti anche i livelli di corruzione presente in tutti gli ambiti politici del paese, a risolvere le problematiche umanitarie e sociali dentro i campi profughi palestinesi, alcuni dei quali, è bene ricordare, esistono dal 1948 quando la nascita dello Stato di Israele ha causato la prima diaspora nei vicini paesi arabi del popolo palestinese (700-800 mila), ricordata come NAKBA, la grande catastrofe.
Beirut - Campo profughi di Chatila - Commemorazioni per i 40 anni dal massacro
24 Luglio 2022
"La maggioranza di governo ha ora deciso su un elemento centrale della riforma sulla giustizia. In futuro, la Corte Suprema non sarà più in grado di esaminare le decisioni del governo per la loro adeguatezza. Da mesi nel Paese ci sono manifestazioni di massa contro la riforma. Dovrat Meron e altri attivisti del movimento Defend Israeli Democracy vogliono sostenere i manifestanti in Israele con solidarietà. “Molti ora stanno manifestando a tempo pieno. Sono stanchi e meritano il nostro sostegno", afferma Meron."
Cedric Rehman (Berliner Zeitung)
PROMESSA
"Per te, città di preghiera, io prego
Per te, o belle dimore, o fiore delle città
O Gerusalemme, o città di preghiera, io prego
I nostri occhi sono rivolti a te ogni giorno
Circola nei corridoi dei templi
abbracciare vecchie chiese
E cancella la tristezza dalle moschee
O notte di Israa, o sentiero di coloro che sono passati in paradiso
I nostri occhi vanno a te ogni giorno e io prego."
Fairouz Zahrat Almada 'en
Come già riportato, questo scritto è l’inizio di una ricerca su temi riguardanti la questione palestinese, aggiungo pertanto quelli che saranno i punti ulteriori del mio prossimo studio. Riparto dagli ultimi avvenimenti che infiammano le piazze a Tel Aviv, e in altre città israeliane, da parte delle forze progressiste del paese contro la coalizione di governo – capeggiata da Benjamin Netanyahu del Likud e costituita anche dal partito di destra Sionismo Religioso, dalle formazioni ultraortodosse Shas e Giudaismo unito nella Torah, da Otzma Yehudit e Noam – che vuole cambiare profondamente le normative in campo giudiziario; dalle problematiche inerenti alle doverose critiche al paese ebraico che a livello locale, regionale e internazionale non sfuggono purtroppo a facili accostamenti e superficiali isterismi che portano a collocarle a torto dentro l'ampio spettro della lotta all'antisemitismo, creando incomprensioni e opposizioni che sfociano in azioni di censura e anche di epurazione in ambito politico, accademico e artistico a più livelli; dal cosiddetto pinkwashing condannato anche da diverse associazioni umanitarie LGBTIV per le sue derive razziste.
Per quanto concerne invece gli ambiti politici e culturali palestinesi, è mia intenzione proseguire nell'analisi storica e contemporanea dei rapporti politici tra le diverse forze partitiche governative presenti nel Territorio Occupato dentro e fuori la Green Line, a Gaza controllata da Hamas e a Gerusalemme Est, con uno sguardo più attento alle vecchie e nuove spinte radicali laiche e islamiste, presenti soprattutto a nord della Cisgiordania, che stanno reagendo con forza in questi giorni, ai continui raid dei coloni, appoggiati militarmente dalle IDF, non senza il consenso dell'Autorità Nazionale Palestinese, ormai quasi impossibilitata a esercitare un controllo territoriale efficace e utile alla causa del suo popolo martoriato da 75 anni. Fondamentale tra le altre cose è comprendere come sia concretamente attuabile il diritto al ritorno (sancito dall' articolo 11 della risoluzione ONU n. 194 risalente al 1948 e ampliata negli anni da altre normative) retoricamente sfruttato da certuni amministratori e politici per coprire le loro inadempienze in fatto di tutela dei diritti umani nella costruzione di uno stato che sia davvero rappresentativo di tutte le componenti politiche e sociali del popolo palestinese.
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